Artisti per l'acqua

Artisti per l'acqua

Beppe Grillo, Artista per l'acqua


Dove ci sono beni comuni, c’è comunità,
dove c’è comunità c’è arte.

Gli "Artisti per l’Acqua" hanno sottoscritto la nostra lettera perché credono che l’acqua sia un bene comune ed un diritto umano universale.

Sostengono la nostra proposta di legge di iniziativa popolare al fine di sottrarre questo bene essenziale alla vita alle leggi del mercato e della concorrenza e per garantire a tutti l’accesso gratuito al quantitativo d’acqua minimo vitale giornaliero.

Rubare l'acqua per creare la sete. Coca-cola, Pepsi e la politica della sicurezza alimentare


Da “Granello di sabbia”


Rubare l'acqua per creare la sete.
Coca-cola, Pepsi e la politica
della sicurezza alimentare
.


Di Vandana Shiva

Vietare o meno Coca Cola e Pepsi non può e non dovrebbe dipendere
solamente da se un particolare laboratorio non trova particolari livelli
di residui di particolari pesticidi oltre i limiti permessi nelle
bevande analcoliche. I problemi dovuti alla creazione da parte di Coca
Cola e Pepsi di una crisi idrica e di una crisi sanitaria sono
separatamente ragioni sufficienti per vietarle.

In una democrazia, bandire prodotti e attività dannose è un'espressione
della libertà e dei diritti dei cittadini. La messa al bando protegge i
cittadini dai rischi per la salute e per l'ambiente. È per questo che il
fumo è stato vietato nei luoghi pubblici. È per questo che le sostanze
dannose per l'ozono sono state proibite dal Protocollo di Montreal. È
per questo che la Convenzione di Basilea ha bandito il commercio di
rifiuti tossici e pericolosi.

La Coca Cola e la Pepsi sono entrate senza dubbio a far parte del gruppo
dei prodotti tossici e dannosi che è necessario bandire per proteggere
la salute dei cittadini e per proteggere l'ambiente. Il 22 agosto la
campagna "Coca Cola e Pepsi lasciate l'India" ha intensificato
l'attività per bandire Coca Cola e Pepsi con una giornata di azioni per
"bandire Coca Cola e Pepsi". Il Kerala ha bandito le coca cole. Il
Karnataka, il Madhya Pradesh, il Gujarat, il Rajastan hanno vietato le
bevande analcoliche dalle istituzioni educative e dalle mense del
governo. E "zone libere da Coca Cola e Pepsi" si stanno diffondendo in
tutto il Paese.

Rubare l'acqua, creare sete.

Ci sono serie ragioni ambientali e umanitarie per vietare la produzione
di bevande analcoliche in India. Ogni stabilimento di Coca Cola e Pepsi
estrae 1-2 milioni di litri d'acqua al giorno. Se ogni stabilimento
estrae 1-2 milioni di litri d'acqua al giorno e ci sono 90 stabilimenti,
l'estrazione giornaliera va dai 90 ai 180 milioni di litri. Questo
potrebbe soddisfare il fabbisogno giornaliero di acqua potabile di
milioni di persone. Ogni litro di queste bevande distrugge ed inquina 10
litri d'acqua. E si è scoperto che le acque di scolo così prodotte
contengono alti livelli di cadmio e piombo (Pollution Control Board,
Kerala, Hazard Centre).

Una prolungata esposizione al cadmio può potenzialmente avere effetti
quali disfunzioni renali, danni alle ossa, al fegato e al sangue. Il
piombo colpisce il sistema nervoso centrale, i reni, il sangue e il
sistema cardio-vascolare. Le donne di un piccolo villaggio del Kerala
sono riuscite a far chiudere uno stabilimento della Coca Cola. "Quando
bevete una coca, bevete il sangue della gente", ha detto Mylamma, la
donna che ha dato inizio al movimento contro la Coca Cola a Plachimada.
Lo stabilimento della Coca Cola di Plachimada nel marzo 2002 ricevette
una commessa per la produzione di 1.224.000 bottiglie di prodotti Coca
Cola al giorno e ricevette dal panchayat una licenza condizionata per
installare una pompa a motore per l'acqua. Ad ogni modo, la compagnia
cominciò ad estrarre illegalmente milioni di litri di acqua pulita.
Secondo la gente del posto, la Coca Cola estraeva 1,5 milioni di litri
d'acqua al giorno. Il livello dell'acqua cominciò a calare, passando da
150 a 500 piedi sotto la superficie terrestre. Membri delle tribù e
contadini si lamentarono che i depositi e le scorte d'acqua risentivano
negativamente dell'installazione indiscriminata di pozzi per lo
sfruttamento delle falde freatiche, con gravi conseguenze per le
coltivazioni. I pozzi minacciavano anche le fonti tradizionali di acqua
potabile, gli stagni, i serbatoi, i fiumi e i canali navigabili. Quando
la compagnia non riuscì a soddisfare la richiesta di informazioni
dettagliate da parte del panchayat, fu notificato un avviso che la
invitava a provare il proprio diritto, e la licenza fu cancellata. La
Coca Cola cercò invano di corrompere il presidente del panchayat, A.
Krishnan, con 300 milioni di rupie. La Coca Cola non solo rubava l'acqua
della comunità locale, ma inquinava anche quella che non prendeva. La
compagnia depositava materiali di scarto all'esterno dello stabilimento,
materiali che durante la stagione delle piogge si propagavano nelle
risaie, nei canali e nei pozzi, causando gravi rischi per la salute. In
seguito a questo scarico, 260 pozzi creati dalle autorità pubbliche per
l'approvvigionamento di acqua potabile e per l'agricoltura si sono
prosciugati. La Coca Cola inoltre pompava le acque di scarico nei pozzi
asciutti all'interno della proprietà della compagnia. Nel 2003
l'ufficiale medico del distretto informò la gente di Plachimada che la
loro acqua non era adatta ad essere bevuta. Le donne, che già sapevano
che la loro acqua era tossica, dovevano fare chilometri per procurarsi
l'acqua. La Coca Cola aveva provocato una carenza idrica in una regione
ricca d'acqua scaricando acque di scolo contenenti grandi quantità di
piombo, cromo e cadmio.

Le donne di Plachimada non avevano intenzione di permettere di questa
pirateria idrica. Nel 2002 cominciarono un dharna (sit-in) ai cancelli
della Coca Cola. Per festeggiare il primo anniversario della loro
agitazione mi unii a loro nella Giornata della Terra del 2003. Il 21
settembre 2003 una grossa manifestazione consegnò un ultimatum alla Coca
Cola. E nel gennaio 2004 la Conferenza Mondiale per l'Acqua portò
attivisti globali a Plachimada per sostenere gli attivisti locali. Un
movimento iniziato da donne adhivasi locali aveva messo in moto
un'ondata di energia a loro sostegno a livello nazionale e globale. Oggi
lo stabilimento è chiuso e movimenti sono iniziati in altri
stabilimenti. I giganti della Coca Cola stanno aggravando la crisi
idrica già conosciuta dalle popolazioni delle aree rurali.

Ci sono un solo criterio e una sola misura nel problema dell'uso
dell'acqua: il diritto fondamentale di ogni uomo ad acqua pulita, sana e
adeguata non può essere violato. E la Coca Cola e la Pepsi stanno
violando questo diritto. È per questo che la loro estrazione di milioni
di litri d'acqua dev'essere vietata. Nel caso di Plachimada l'Alta Corte
del Kerala aveva stabilito "che le falde sotterranee appartengono alla
popolazione. Lo Stato e le sue istituzioni dovrebbero fungere da
amministratori di questo grande bene. Lo Stato ha il dovere di
proteggere le falde da un eccessivo sfruttamento e l'inattività dello
Stato a questo proposito equivale ad una violazione del diritto della
gente alla vita, garantito dall'art. 21 della Costituzione dell'India.
Le falde freatiche, sotto la terra dell'imputato, non gli appartengono.
Le falde appartengono al pubblico e il secondo imputato non ha nessun
diritto di reclamare una forte partecipazione e il Governo non ha il
potere per permettere ad un privato di estrarre una tale quantità di
acque sotterranee, che sono una proprietà che gli è stata affidata.
Questo principio dell'acqua come un bene pubblico è ciò che ha condotto
al divieto di estrazione dell'acqua a Plachimada. È il principio che il
20 gennaio 2005 ha portato le comunità locali in 55 stabilimenti di Coca
Cola e Pepsi per notificare alle aziende che stavano rubando una risorsa
comune.

Rubare la salute, creare malattia.

La lotta contro la Coca Cola è anche una lotta per la salute. Residui di
pesticidi sono stati trovati nella Coca Cola e nella Pepsi. Comunque le
bevande analcoliche sono pericolose anche senza pesticidi. Le bevande
analcoliche non hanno nessun valore nutrizionale in confronto alle
nostre bevande locali, quali nimbu pani, lassi, panna, sattu. Con le
loro campagne pubblicitarie aggressive i giganti delle bevande
analcoliche sono riusciti a far vergognare i giovani indiani della
nostra cultura gastronomica locale, nonostante i suoi valori
nutrizionali e la sua sicurezza.

Hanno monopolizzato il mercato della sete, acquistando compagnie locali
come Parle, bevande fredde locali fatte in casa o col lavoro a
domicilio. Ma ciò che vendono Coca Cola e Pepsi è una brodaglia colorata
tossica, con valori anti-nutritivi. Il Ministro della Salute indiano ha
chiesto alle star del cinema di non sostenere Coca Cola e Pepsi per via
dei rischi rappresentati dallo zucchero contenuto nelle bevande
analcoliche, implicate nelle epidemie di obesità e diabete tra i bambini.

Marion Nestle ha definito le bevande analcoliche delle "porcherie",
ricche di calorie ma poco nutrienti. Il Centro per la Scienza e
l'Ambiente nell'Interesse Pubblico ha definito le bevande analcoliche
"caramelle liquide". Una lattina da 12 once contiene 1,5 once di zucchero.

I giganti delle bevande analcoliche si stanno orientando sempre di più
sullo Sciroppo di Grano ad Alta Concentrazione di Fruttosio (High
Fructose Corn Syrup, HFCS). Il Ministero della Salute non ha ancora
affrontato la questione dei rischi per la salute dell'HFCS e dei rischi
per la salute dei cibi geneticamente modificati se il grano utilizzato
fosse grano geneticamente modificato. Se il Governo vuole che i
cittadini usino dolcificanti sicuri dovrebbe bandire l'HFCS ed
incoraggiare i produttori di zucchero di canna in India a passare
all'agricoltura organica. Il Governo Centrale sta chiaramente fallendo
nel proteggere la salute dei cittadini indiani.

La composizione nutritiva delle bevande analcoliche per dosi di 12 once
in confronto al succo d'arancia o al latte magro.
Coca Cola Pepsi Succo d'arancia Latte magro
% calorie 154 160 168 153
Zucchero 40 40 40 18
Vit. A, UI 0 0 291 750
Vit C, mg 0 0 146 3
Ac. folico, mg 0 0 164 18
Calcio, mg 0 0 33 450
Potassio, mg 0 0 711 352
Magnesio, mg 0 0 36 51
Fosfato, mg 54 55 60 353

Fonte: Marion Nestle, politiche alimentari.

Lo zucchero contenuto nelle bevande analcoliche non è zucchero naturale,
saccarosio, bensì HCFS. Gli stabilimenti per la produzione dello
sciroppo di grano hanno cominciato ad essere impiantati in India, e se
non vengono stabilite delle regole rigide la dieta indiana potrebbe
prendere la via di quella statunitense, dove lo sciroppo di grano ad
alta concentrazione di fruttosio provoca resistenza all'insulina. A
differenza del saccarosio, il fruttosio non passa attraverso alcune fasi
critiche intermedie di collasso, ma viene deviato verso il fegato, dove
imita la capacità dell'insulina di far rilasciare al fegato acidi grassi
nel sangue. Degli studi hanno scoperto che le diete a base di fruttosio
contengono il 31% in più di trigliceridi rispetto alle diete a base di
saccarosio. Il fruttosio inoltre riduce il tasso di ossidazione degli
acidi grassi. P.A. Mayes, uno scienziato dell'università di Londra, è
giunto alla conclusione che l'assunzione prolungata di fruttosio provoca
un adattamento dell'enzima che aumenta la lipogenesi, la formazione del
grasso, e la formazione di VLDL (colesterolo cattivo), che conducono a
trigliceridemia (eccesso di trigliceridi nel sangue), ridotta tolleranza
al glucosio, e iperinsulinemia (eccesso di insulina nel sangue). Gli
scienziato dell'Università della California a Berkley hanno anche
confermato che un consumo eccessivo di fruttosio stava deviando la dieta
americana verso cambiamenti metabolici che inducono all'accumulo di grasso.

L'India non può affrontare gli elevati costi sanitari di una dieta a
base di fruttosio, che ha anche altri costi nutrizionali come effetti
collaterali. Quando il grano viene utilizzato per produrre sciroppo ad
alta concentrazione di fruttosio, ai poveri viene negato un elemento
nutritivo basilare. Il 30% del grano viene già utilizzato per produrre
materia grezza per la produzione industriale di cibo per il bestiame e
fruttosio e non viene usato come alimento per l'uomo. Inoltre, la
sostituzione di dolcificanti più sani derivati dallo zucchero di canna,
come il gur e il khandsari, derubano i contadini di guadagni e mezzi di
sostentamento. L'impatto dei prodotti della cola sulla catena alimentare
e sull'economia è pertanto molto ampio e non finisce con la bottiglia.

Ad ogni modo, quello che c'è nella bottiglia non va bene per una dieta
sana. È risaputo che il consumo di bevande analcoliche contribuisce a
rovinare i denti, e gli adolescenti che consumano bevande analcoliche
mostrano un rischio di fratture ossee 3-4 volte superiore rispetto a
quelli che non ne bevono. Le bevande analcoliche stanno diventando la
maggiore fonte di caffeina nelle diete dei bambini, visto che ogni
lattina da 33 cl contiene circa 45 mg di caffeina. E ci sono altri
ingredienti nella brodaglia tossica, un composto antigelo -
etilenglicole per ridurre la temperatura di congelamento, acido
fosforico per dargli un po' di mordente.

La gente consuma 4 kg di prodotti chimici a testa all'anno, sulla base
di 20,6 milioni di tonnellate di prodotti chimici sotto forma di
coloranti artificiali, aromi, ecc. (Prashant Bhushan, "Soft drinks - a
toxic brew"). Pertanto non è solo dei pesticidi che dovremmo
preoccuparci, ma delle miscele tossiche da cui i giganti della cola
stanno rendendo dipendenti i nostri figli. L'altra violazione commessa
da Coca Cola e Pepsi è la violazione del diritto alla salute. L'acido
fosforico e il diossido di carbonio rendono le bevande analcoliche
fortemente acide, il che spiega come mai siano efficaci come detergenti
per il bagno. Non approveremmo mai che i nostri figli bevessero
detergente per il bagno, tuttavia le bevande analcoliche, che hanno le
stesse proprietà acide, vengono vendute liberamente. È a causa di questi
rischi che negli Stati Uniti le scuole hanno vietato le bevande
analcoliche. È a causa di questi rischi che 10.000 scuole e college
indiani si sono dichiarati "zone libere da Coca Cola e Pepsi". È a causa
di questi rischi che il Governo del Kerala ha bandito le Cole. È a causa
di questi rischi che la mensa del Parlamento Indiano non serve Coca Cola
e Pepsi. Ed è a causa di questi rischi che i rappresentanti della Pepsi
hanno ammesso che le loro bevande non sono sicure per i bambini.

Tuttavia, il Governo dell'Unione sta esitando sotto la pressione delle
aziende e degli Stati Uniti. Il Ministero della Salute dell'Unione ha
messo in discussione uno studio del Centro per la Scienza e l'Ambiente
sui residui di pesticidi in Coca Cola e Pepsi, citando testualmente uno
studio commissionato dalla Coca Cola. Chiaramente la salute dei
cittadini non può essere messa nelle mani di un Governo che fissa degli
standard arbitrari che garantiscono a Coca Cola e Pepsi la sicurezza per
fare profitti enormi, ma che non garantiscono la sicurezza per la salute
dei cittadini.

Il Ministero della Salute ha annunciato che entro gennaio 2007 avrà
degli standard di sicurezza idonei per Coca Cola e Pepsi. Tuttavia Coca
Cola e Pepsi non diventeranno sicure dopo il gennaio 2007. Ci sono due
motivi per cui dipendere solo dalla fissazione di uno standard non è
affidabile per garantire che i cittadini ricevano prodotti sicuri e
salutari. In primo luogo, le decisioni centralizzate del Governo possono
essere facilmente influenzate dagli interessi aziendali, come abbiamo
visto nella risposta del Governo al dibattito in Parlamento. C'è una
scienza aziendale e c'è una scienza pubblica. In un'epoca in cui sono le
aziende a dettar legge, governerà la legge societaria. In secondo luogo,
per loro natura gli standard sono riduttivi. Verranno fissati gli
standard per i residui di pesticidi basandosi solo sui livelli permessi
per ingredienti quali acqua e zucchero, senza badare agli effetti
dannosi del prodotto sulla salute della gente e sull'ambiente. Abbiamo
bisogno di una sicurezza alimentare olistica, non di standard per una
pseudo - sicurezza riduttivi e manipolati che proteggono le corporazioni
e non la gente. Le osservazioni dello stesso Ministro della Salute
chiariscono che "standard di sicurezza riduttivi non rendono sicure Coca
Cola e Pepsi". Mentre dichiarava che i residui di pesticidi erano "entro
i limiti di sicurezza" nelle bottiglie testate a Myson e Gujarat,
affermava anche che le cola sono porcherie e non erano sicure per la
salute. La sicurezza è più di uno standard per residui di pesticidi. E,
come abbiamo visto, differenti laboratori danno risultati differenti.

Vietare o meno Coca Cola e Pepsi non può e non dovrebbe dipendere
solamente da se un particolare laboratorio non trova particolari livelli
di residui di particolari pesticidi oltre i limiti permessi nelle
bevande analcoliche. I problemi dovuti alla creazione da parte di Coca
Cola e Pepsi di una crisi idrica e di una crisi sanitaria sono
separatamente ragioni sufficienti per vietarle. Prese insieme, rendono
il divieto imperativo. Sono crimini contro la natura e le persone. I
crimini vengono determinati dal loro impatto, non dallo "standard" degli
strumenti usati per commettere un crimine. Coca Cola e Pepsi sono
impegnate a devastare le risorse idriche della terra e stanno lentamente
avvelenando i nostri figli. E non c'è uno standard sicuro per la
devastazione. Nessuno "standard sicuro" per un lento omicidio. È per
questo che dobbiamo bandirle dalle nostre vite con azioni da liberi e
sovrani cittadini di un'India libera e sovrana.

Un discorso di un Ministro influenzato dai giganti della Cola non li scagiona, come hanno affermato. Devono essere i liberi cittadini indiani a scagionarli. E le popolazioni indiane non hanno scagionato la Coca Cola e la Pepsi. Dobbiamo costruire sull'esempio fornito da Plachimada e dal Kerala per liberare l'India da Coca Cola e Pepsi per proteggere le nostre falde e la salute delle generazioni future.

Dobbiamo resistere ad ogni tentativo di togliere a cittadini e stati i diritti costituzionali di prendere decisioni circa la sicurezza del nostro cibo, come propone il Food Safety Act 2006.

Znet 6 Settembre 2006

LIBERTA' D'INFORMAZIONE SUL BLOG OSSERVATORIO VENEGONESE

LIBERTA' D'INFORMAZIONE SUL BLOG
OSSERVATORIO VENEGONESE



Scusate, sono ancora io.
Stavo ripensando alla discussione di ieri sera in comune con la Signorina Brianza (Lega Nord), la quale ci accusava di essere sfacciatamente di sinistra, in riferimento al blog dell’Osservatorio Venegonese, per cui non potevamo definirci apartitici.
Ieri sera parlandone tra di noi si era deciso di togliere dal “blog” i riferimenti più sfacciatamente sinistroidi, da comunisti, per riacquistare una sorta di “verginità” editoriale non macchiata da infiltrazioni bolsceviche.
Ma ripensandoci bene, è la cosa giusta ?
Basta che chiunque ci accusi, di volta in volta, essere o di sinistra o di destra perché noi dobbiamo modificare la nostra linea e metterci sull’attenti ?
La linea editoriale del blog la scegliamo noi, ne discutiamo noi, non gli altri.
Altri che quando vengono invitati a mandare pezzi o articoli di giornale da pubblicare sul blog, rappresentativi del loro punto di vista, ci rispondono che le cose non funzionano così.
Ma allora come funzionano ?
Dobbiamo forse autocensurarci per far piacere a loro ?
Scegliamo una linea editoriale.
Parliamoci chiaro, la differenza tra sinistra e destra è puramente cosmetica.
Si tratta di una leggera sfumatura tra il peggio e il pochettino meno peggio.
Quando vedo la scena politica venegonese, come quella nazionale del resto, mi sembra di assistere ad uno spettacolo di scimmiette da luna park.
La gente è tutta occupata a guardare il palcoscenico, a vedere queste scimmiette che se la danno di santa ragione perché di destra o di sinistra, ma il vero artista sta tra le fila degli spettatori, è il borseggiatore della compagnia teatrale, che a prescindere da chi vinca o di chi perda ripulisce sempre i beoti spettatori.
A questo punto devo forse pensare che se io sono contro la base di Vicenza sono di sinistra e se sono favorevole alla TAV sono di destra ?
Stiamo parlando di due progetti scelti da un governo di destra e riconfermati da un governo di sinistra, mi dite dov’è la differenza ?
Se si pubblica sul blog una lettera del direttore di Repubblica che critica l’atteggiamento intrusivo della Chiesa nella vita pubblica italiana, sono forse un mangia preti ?
Siamo stati accusati che sul blog si parlava di temi che esulavano da Venegono.
E’ un problema ?
Il mondo non è forse un pochino più grande di Venegono ?
Se scoppia la terza guerra mondiale noi non dobbiamo dire nulla finche non ci bombardano ?
Riterrei più opportuno, come detto nella mia e-mail di questa mattina, che fossimo noi ha decidere la forma e il contenuto dei temi, non i vari interlocutori di turno.
Per quanto mi riguarda io non sono di nessun partito, se la penso in un certo modo non è dovuto al fatto che Berinotti o Berlusconi o Ruini mi sono venuti a dire cos’è giusto o cos’è sbagliato, ma perchè l’ho deciso io.
Io non rispetto nessun ordine di scuderia.
Se poi le mie opinioni possono più o meno coincidere con un versante politico è, ve lo assicuro, del tutto accidentale.
Quindi perché dovrei cambiare idee, per paura che qualcuno mi possa accusare di essere di destra o di sinistra ?
Se critico la Signora Ciantia per la questione AGESP non è che la critico perchè sono di Venegono Democratica o della Lega, la critico perché ha fatto una convenzione per me sbagliata, magari poi la lodo per altre scelte, se sono giuste perché non dovrei ?
Se Venegono Democratica dovesse fare delle scelte sciagurate devo starmene zitto perché forse mi potrebbero accusare di essere di Venegono Attiva ?
Insomma, in base a come la penso posso essere giudicato ora di destra ora di sinistra e conseguentemente, per evitare che qualcuno mi possa etichettare ora in un senso o nell’altro, dovrei comportarmi diversamente, ma questo ha un senso ?

BASTA.
Come ho più volte ribadito siamo noi che dobbiamo scegliere la linea editoriale del blog e su questo inviterei tutti a dare il loro contributo, dato che è la vetrina dell’O.V.
Decidiamo cosa mettere e manteniamo ferma la linea editoriale .
Se poi alla Signorina Brianza o gli altri interlocutori di turno non dovesse piacere la linea editoriale del blog, mi dispiace, ma penso che più di destra o di sinistra si dovrebbe parlare di buon senso.
Io la penso così, anche voi ?


Gianluca

Blog letto

Blog letto


Condivido in pieno quanto ha scritto Gianluca. Innanzi tutto, è bene che ci sia una mobilitazione generale rispetto al problema della mancata consegna della nostra comunicazione "Non solo Agesp", perché anche questa azione è una omissione di informazione, come ormai registriamo da tempo. Quindi noi chiediamo spiegazioni, ma è fondamentale che anche i membri della minoranza le chiedano.
Sul blog dell'Osservatorio Venegonese, vorrei condividere alcune considerazioni:
1. pare sia molto letto, almeno dalle critiche che ha ricevuto, e questo non è cosa da poco;
2. l'articolo che più ha destato "scandalo" riguardava la mobilitazione di Vicenza; peccato che chi ha accusato il blog di essere "schierato a sinistra" per quell'articolo, non l'abbia proprio letto, limitandosi a commentare il titolo. Il pezzo era scritto da un signore che si dichiarava di Forza Italia e che era preoccupato per le risorse idriche di Vicenza.
3. E' vero che compaiono spesso articoli provenienti da giornali o fonti schierate (vedi Il Manifesto). E' vero anche che l'Osservatorio e il Blog è fatto da persone, e le persone hanno le proprie idee, leggono alcuni organi di informazione e non altri, per esempio. Ora, quello che dovrebbe portare ricchezza al nostro blog non è tanto togliere queste notizie o i link a questi giornali, ma chiamare a una partecipazione più ampia, dove tutti, di qualsiasi idea politica, possono portare i propri contributi sui temi che l'Osservatorio porta avanti. Non si può chiedere di rinunciare alla propria singolare identità politica. Quello che invece sarebbe interessante avvenisse nel nostro Osservatorio è che persone con identità politiche diverse possano confrontarsi per esempio sul tema dell'acqua, portando ciascuno il proprio contributo, che andrebbe ad arricchire così non solo le posizioni e le idee dell'Osservatorio, ma anche il blog. Scusate, io non voglio arrivare a leggere per es. la Padania per mettere i suoi articoli perché così ci salviamo dalle accuse di essere di parte. Chiedo invece a chi la legge di segnalare o inviare gli articoli che portano un contributo sul tema dell'acqua.
4. In ogni caso, è chi partecipa all'Osservatorio che decide se qualcosa non va pubblicato o l'indirizzo generale.
5. Non sono d'accordo nel tenere un blog concentrato solo su Venegono. Sulla questione acqua, noi che ci stiamo impegnando a capirci qualcosa sappiamo bene che i contributi dall'esterno sono preziosi, che più informazioni si hanno, meglio si può affrontare la questione. Lo sforzo che si sta facendo è proprio quello di essere informati, di affacciarci nel calderone e guardare cosa c'è dentro - a differenza di molti altri a cui questo compito spetterebbe istituzionalmente.
Scusate se sono stata prolissa.

Graziella

INFORMAZIONE CENSURATA ?

INFORMAZIONE CENSURATA ?

Ieri sera c’era il consiglio comunale che aveva come oggetto la mozione delle minoranza sulla questione Synergy.
L’opposizione è stata letteralmente polverizzata dalla Ciantia.
A parte questo sono emersi due problemi che ci riguardano come osservatorio venegonese.
Il primo.
Tafi, Limido e la Brianza asseriscono che non hanno ricevuto la nostra lettera “NON SOLO AGESP” nonostante sia stata protocollata 8 di questo mese.
L’hanno comunque letta, perché gli è stata passata o perché l’hanno scaricata da internet, ma non l’hanno ricevuta tramite i canali ufficiali.
Ci hanno detto di andare a protestare con il segretario comunale, cosa giusta, ma pensandoci bene, perché non ci vanno anche loro ?, visto che sapevano della lettera.
La lettera era indirizzata a loro, se non ci arriva la posta a casa, siamo noi (i destinatari) che andiamo a protestate all’ufficio postale.
Ma obbiettivamente, sbaglierò, non mi sono sembrati particolarmente disturbati dalla cosa.
Saranno mie idee…..
Secondo problema.
La Brianza ci ha rimproverato che il blog dell’ osservatorio venegonese, sarebbe politicizzato, con un marcato schieramento di sinistra (ho l’impressione che l’articolo sulla base di Vicenza apparso sul blog entrerà nella storia del giornalismo venegonese), per cui noi non avremmo il diritto definirci apartitici.
In più ci veniva rimproverato che il blog di osservatorio venegonese. dovrebbe parlare solo di Venegono e non andare al interpellare problematiche o fatti al di fuori del comune.
Questo era un problema già emerso, per cui martedì prossimo sarebbe opportuno parlarne, da una parte per avere una linea “editoriale” per il blog condivisa, su temi e contenuti, e dall’altra per non permettere più in futuro indebite ingerenze esterne che si arrogano il diritto di venirci a dire di che cosa noi dobbiamo parlare e di cosa no.
Non per limitare eventuali critiche, che possano avere un loro fondamento e una loro ragione.
Questo ritengo che sia un punto da non sottovalutare.
Gianluca

La questione dell’AGESP SpA …non è finita


NON SOLO AGESP


Al Sig. Sindaco di Venegono Superiore
Ai membri della Giunta Comunale
Ai Consiglieri di Maggioranza
Ai Consiglieri di Opposizione
Ai funzionari e ai dipendenti Comunali
All’RSU in Comune


Come Osservatorio Venegonese riteniamo doveroso scrivere questa lettera aperta indirizzata a chi, a vario titolo, opera all’interno dell’Amministrazione Comunale di Venegono Superiore.
Non abbiamo la presunzione di essere esaustivi, ma riteniamo importante portare l’attenzione su alcune cose che ci sembra non siano state finora evidenziate da nessuno e che riteniamo basilari per capire meglio i connotati della “questione acqua” a Venegono.
Come è noto a tutti, il pomo della discordia è nato dalla decisione del Comune di affidare la gestione dell’acquedotto alla società municipalizzata di Busto Arsizio AGESP SPA
In seguito il Comune ha dovuto ritirare la convenzione stesa e deliberata per l’occasione, con sommo sollievo da parte di tutti, anche di molti che la prima volta avevano votato a favore per approvarla.
Non vogliamo farne una questione ideologica, anche se riteniamo che sia profondamente immorale che l’acqua, bene di primaria importanza per la vita e bene di tutti, diventi oggetto di guadagno per pochi.
Leggendo la convenzione con AGESP SPA, si potrebbe dire che si tratti di una convenzione “di” AGESP SPA, perché, visti gli effetti delineati, il Comune sembrerebbe aver avuto ben poco peso nella relativa stesura. Non si può, infatti, non rilevare come essa risulti iniqua e dannosa per gli interessi ed i diritti dei Venegonesi.
L’accordo, di fatto, garantiva utili derivanti dalla gestione dell’acqua alle casse di AGESP SPA e lasciava a carico del Comune, quindi dei cittadini, tutti i costi generali (strutturali), senza peraltro dare alcuna garanzia sulle tariffe e sulla qualità dei servizi.

E ci sorgono alcune domande:
Che vantaggio avrebbero i cittadini da una convenzione così sbilanciata a favore della società che prenderebbe in gestione l’acquedotto?
Come mai i Venegonesi non sapevano e non sanno nulla (o quasi) della convenzione?
Si è parlato della possibilità di riunioni informative pubbliche, ma solo quando i giochi erano fatti: perché?
Il Comune ha agito con la dovuta trasparenza?

Abbiamo così pensato che potesse essere d’aiuto avere qualche informazione in più anche sul destinatario della convenzione. Le ricerche, svolte su dati accessibili a tutti tramite internet, hanno permesso di delineare una situazione un po’ più ampia che, forse, potrebbe in parte dare una risposta alle nostre domande.
Abbiamo costatato che AGESP SPA non agisce da sola, ma in concerto con altre due società municipalizzate.
Infatti, AGESP SPA di Busto con AMSC SPA di Gallarate (guarda caso la stessa società da cui il Comune di Venegono ha acquistato delle azioni: c’è qualche legame?) e ASPEM SPA di Varese si sono unite per la costituzione di una nuova società, PREALPI SERVIZI SPA, il cui attuale presidente è il Signor Nino Caianiello, esponente di primo piano di Forza Italia in Provincia di Varese.
http://www3.varesenews.it/gallarate_malpensa/articolo.php?id=34277
http://www2.varesenews.it/articoli/2003/novembre/varese_laghi/28-11prealpi.htm
http://www2.varesenews.it/articoli/2002/novembre/varese/19-11prealpiservizi.htm

Ma le cose non finiscono qui: infatti la Provincia di Varese ha ceduto la propria quota di SOGEIVA SPA (pari al 50,55%) a PREALPI SERVIZI SPA, che quindi ora ne detiene il controllo.
http://www3.varesenews.it/varese/articolo.php?id=45736

Per cui, considerando i Comuni che già avevano dato in gestione il proprio acquedotto alle tre municipalizzate (AGESP SPA - AMSC SPA – ASPEM SPA) e i Comuni che si affidano a SOGEIVA SPA (come ad esempio Tradate), risultano di fatto sotto il controllo (diretto o indiretto) di PREALPI SERVIZI SPA, per acquedotti e servizi di depurazione, moltissimi Comuni del Varesotto.
L’intento di PREALPI SERVIZI SPA sembra quello di porsi nei confronti dell’ATO di Varese come il naturale gruppo societario (e di fatto lo è già) che gestirà l’ATO stesso.
http://www.dsvarese.it/html/download/PROVINCIA ATO.pdf

Il matrimonio tra le tre municipalizzate potrebbe però non essere del tutto tranquillo. Infatti, la PREALPI SERVIZI SPA dovrebbe essere costituita dal 24% da AMSC SPA, dal 35,90 % da AGESP SPA e dal 40% da APEM SPA. Di fatto, però, ASPEM SPA come singola società, risulta molto più grande delle altre due e il suo peso in PREALPI SERVIZI SPA non sarebbe proporzionato al suo effettivo valore.
Dobbiamo dunque ipotizzare da parte di ciascuna delle tre municipalizzate comportamenti o iniziative volti a ottenere la possibilità di rivendicare una maggiore importanza all’interno di PREALPI SERVIZI SPA?
http://www2.varesenews.it/articoli/2002/novembre/varese/19-11prealpiservizi.htm
http://www2.varesenews.it/articoli/2003/novembre/varese_laghi/28-11prealpi.htm
http://www3.varesenews.it/varese/articolo.php?id=25438

E’ da tale contesto che nasce della convenzione tra il Comune di Venegono e AGESP SPA?
Uno dei punti poco chiari della convenzione con AGESP SPA era infatti costituito dall’assenza di continuità territoriale con la rete idrica gestita finora dalla società che opera a Busto Arsizio e dintorni e Venegono: perché bisognava andare così lontano?
Il vero motivo è forse dettato dalla necessità di AGESP SPA di pesare di più all’interno di PREALPI SERVIZI SPA e questa strategia mira a portare il maggior numero di Comuni possibili sotto la propria gestione per rivendicare più “potere”, soprattutto nei confronti di ASPEM SPA?
In quest’ottica, per AGESP SPA l’acquedotto di Venegono avrebbe di per sé un’importanza relativa, mentre ben più importante sarebbe il peso che esso può rappresentare all’interno degli assetti di potere nell’ambito di PREALPI SERVIZI SPA
Si tratta di fantasie che non hanno nessun fondamento di verità?
Lo speriamo.

E’ curioso che nei vari Consigli Comunali che si sono succeduti sulla “questione acqua” si sia sempre e solo parlato di AGESP SPA e mai di PREALPI SERVIZI SPA: perché?

In fine, bisogna anche considerare che le tre municipalizzate (AGESP SPA - AMSC SPA – ASPEM SPA) non operano solo nel mercato dell’acqua, ma la loro attività spazia dalla raccolta dei rifiuti, al gas, al trasposto pubblico, alle farmacie, ai parcheggi, alla gestione di immobili, all’energia elettrica. In più, ognuna di essa è al centro di una fitta ragnatela di partecipazioni in altre società di cui detengono il controllo o quote di partecipazione.
Ci sembra chiaro che, considerando anche solo tre dei settori in cui esse operano direttamente (acqua \ rifiuti \gas), le suddette società vengono ad assumere un enorme peso sia economico che politico.
A quest’ultimo riguardo non abbiamo potuto non notare che molte delle persone che occupano posizioni di rilievo nei vari consigli di amministrazione sono uomini facenti parte o legati ai partiti politici.
La loro presenza nei consigli di amministrazione delle tre municipalizzate è dettata unicamente dalle loro personali capacità professionali?

L’impressione che abbiamo è che sotto la scusa di una maggiore efficienza si voglia di fatto attuare una strisciante privatizzazione dei servizi pubblici.
In quest’ottica i cittadini si troverebbero a pagare per ben tre volte:
- una prima volta per la creazione del patrimonio delle municipalizzate (acquisto di immobili, impianti ecc.) con le tasse che hanno versato
- una seconda volta per l’aumento delle tariffe
- una terza volta per doversi accollare i costi di gestione di queste nuove società pubbliche\private che verranno di fatto scaricati sui Bilanci Comunali.
Siamo forse nell’ambito della privatizzazione degli utili e della collettivizzazione dei costi?
Non capiamo come una società municipalizzata possa affermare, quando parla ai cittadini, di perseguire delle finalità sociali (che dovrebbero avere la caratteristica del totale reinvestimento dei proventi per nuovi o migliori servizi per i cittadini stessi) e contemporaneamente, quando parla agli investitori privati, dichiarare che ha incrementato i suoi utili rispetto all’anno precedente.
Con il denaro pubblico si fa business dal volto umano?

Il problema dell’acqua è un problema non solo di Venegono o dell’Italia, ma un problema mondiale, L’ACQUA E’ VITA, siamo sicuri che darla in gestione a un privato (anche se indossa gli abiti del pubblico) sia la scelta migliore ?

(Vedi la puntata di Report L'ACQUA ALLA GOLA di domenica 15 ottobre)

Speriamo che alle nostre perplessità si dia una risposta che entri nel merito dei fatti, che si analizzi attentamente le domande che abbiamo posto e che si risponda in modo concreto e chiaro.
Ogni risposta che cerchi di discostarsi dal merito delle questioni sopra esposte non sarebbe né seria né credibile.

Ogni assessore o consigliere è chiamato personalmente a rispondere del proprio operato, per cui Vi chiediamo di documentarVi, di usare la Vostra testa e di capire esattamente quello che state facendo e le ripercussioni che possono avere le Vostre scelte.
Ci rendiamo conto che non è facile, l’argomento ha molte implicazioni che abbiamo cercato di riassumere in questa lettera.
Per questo però votare con leggerezza e non informare adeguatamente i cittadini è scorretto.
La responsabilità è sempre personale, ha una faccia un nome e un cognome, il Vostro.

Cordiali Saluti.

OSSERVATORIO VENEGONESE

Firma del referente
Valerio Favitta
P.S.
Per il Vostro lavoro ricerca, Vi consigliamo di collegarVi a internet
e di cercare su un qualsiasi motore di ricerca alcune parole chiave come:


PREALPI SERVIZI AGESP AMSC ASPEM SOGEIVA CAIANIELLO

e di vedere poi i richiami.



UN APPELLO ALLA SOCIETÀ CIVILE


PAX CHRISTI NEWS
periodico telematico
di informazione del movimento
Numero 1/2007
SPECIALE ACQUA
Editoriale Mosaico di pace,
gennaio 2007


UN APPELLO A TUTTA
LA SOCIETÀ CIVILE:
UNIAMOCI SUL TEMA DELL’ACQUA


Alex Zanotelli


Pesa più un litro di acqua che un litro di petrolio: così recita una strana pubblicità sulla stampa italiana. Una strana pubblicità che dimostra che le banche hanno ben capito che l’acqua rappresenta il futuro. Uno dei grandi maghi della finanza americana invita tutti a investire nell’acqua assicurando un profitto netto del 30% sui propri investimenti.
Oggi l’acqua è il cuore di tutto. Dell’economia come della politica. Per questo motivo cittadine e cittadini devono vigilare attentamente su questo bene comune.
Mosaico di pace annuncia di aderire e di non tralasciare alcuno sforzo per sostenere la campagna di raccolta delle firme per una legge di iniziativa popolare dal titolo: Principi per la tutela, il governo, la gestione pubblica delle acque e disposizione della ripubblicizzazione del servizio idrico. Una legge fondamentale che costringerà il Parlamento a dichiarare definitivamente l’acqua bene pubblico. La raccolta di firme proseguirà per sei mesi, sino al 13 giugno.
Occorre mezzo milione di firme! Non mancate dunque, e non esitate a diffondere la notizia chiedendo informazioni ai locali comitati cittadini!
Perché proprio in questo momento la lotta per l’acqua? Perché senza acqua non si può vivere, senza petrolio sì: l’essere umano è vissuto per quarantamila anni senza petrolio e tra trenta-quarant’anni forse ne potremo fare a meno. Ma l’acqua non è una risorsa inesauribile.
Solo il 3% di tutta l’acqua del mondo è potabile. Di questa percentuale, il 2% dell’acqua è racchiusa nei ghiacciai, quindi in serio pericolo di fronte al surriscaldamento della terra. Di questo stesso 3%, il 2,70% è usato per l’agricoltura industriale governata dai ricchi del mondo mentre 1 miliardo e 400 milioni di persone non hanno accesso all’acqua.
Secondo l’ONU diverranno 3 miliardi in trent’anni.
Per accaparrarsi la percentuale residua corrono le multinazionali che sanno bene che nei prossimi anni l’effetto serra sarà devastante. Tutti gli scienziati affermano che la temperatura
si innalzerà da un minimo di 2 gradi centigradi sino a un massimo di 6 gradi, mentre è sufficiente l’1,5% in più per sciogliere le riserve idriche del pianeta. Le prime 8 multinazionali sono europee e stanno premendo sul Parlamento europeo, sulla Commissione
Europea perché l’acqua diventi merce. Faranno la stessa cosa nei confronti del WTO
perché venga inclusa nella lista dei servizi.
L’acqua appartiene a tutti e a nessuno può essere concesso di appropriarsene per farne illecito profitto. Pertanto si chiede che rimanga gestita esclusivamente dai Comuni, che hanno da sempre il dovere di garantire la distribuzione per tutti al costo più basso possibile: così afferma in una bella lettera il vescovo di Messina, che unisce la propria voce a quella di mons. Nogaro, vescovo di Caserta e a tante cittadine e cittadini ora in movimento per difendere la nostra Santa Acqua.
Una lotta importante e necessaria che prosegue il percorso di democrazia dal basso messo in moto e che ha condotto il popolo della pace a vittorie e talvolta a sconfitte. Anche laddove governa il centrosinistra non è affatto scontato far passare l’idea e le scelte conseguenti dell’acqua come bene comune: la Regione Toscana ha venduto la propria acqua all’azienda municipalizzata di Roma; in Emilia Romagna il 49% dell’acqua è stato ceduto a multinazionali e gestito dai privati. Dopo una lunga lotta, a Napoli siamo riusciti a far ritirare la delibera di 136 Comuni limitrofi in cui l’acqua ora è nuovamente pubblica; a Ragusa, gli studenti hanno fatto sì che il presidente della provincia sospendesse la gara d’appalto. Sono piccole vittorie locali, ma molto significative. Ricordiamo con amarezza, in questo contesto, le dimissioni di Riccardo Petrella, presidente dell’Acquedotto Pugliese, a cui va tutto il nostro affetto e la nostra stima, sperando in una risoluzione della situazione attuale. Quella dell’acqua, pertanto, è una questione cruciale che riguarda tutti. Di qui la proposta a tutte le associazioni, alle reti della cooperazione internazionale, ai sindacati, alle organizzazioni di base, alle chiese: pur conservando ciascuno la propria agenda ricca di impegni e di obiettivi preziosi, scelgano tutte il tema dell’acqua come momento comune di mobilitazione per questo 2007.

Il Comitato Organizzatore - Sondrio -


Informazione ai cittadini
sul loro patrimonio ambientale.

Liberiamo sorella acqua, rifiutando qualsiasi forma di riscatto,
dal sequestro in atto dai lobbysti dell’energia idroelettrica!



L’acqua sta diventando un business di proporzioni mondiali per le multinazionali che cercano di occupare posizioni da “padroni” nel settore idrico. Abbiamo assistito in questi ultimi anni a imponenti operazioni finanziarie legate all’acqua quale merce appetibile per le SpA, questo ci dimostra come la posta in palio sia alta. Già da alcuni anni le multinazionali, gestendo soltanto il 5% dei servizi idrici mondiali, riescono ad avere un utile netto pari al 40% di quello del settore petrolifero. Questo è il motivo principale per cui le Corporate compiono azioni di cannibalismo all’ambiente cibandosi della sua acqua.
L’obiettivo dichiarato è la produzione di energia “pulita” o “eco-compatibile” da sfruttamento di fonti rinnovabili, (anziché da combustibili fossili) per ridurre le emissioni di anidride carbonica che riscaldano l’atmosfera terrestre e produrre dell’energia elettrica conseguentemente agli obblighi internazionali assunti dall’Italia alla Convenzione Quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, ratificato con legge 1 giugno 2002 n.120 (c.d. protocollo di Kyoto).
Di fatto l’ONU ha configurato l’acqua come fonte rinnovabile da mettere sul mercato commerciale, considerandola merce di scambio ritenendo l’acqua un bene infinito. Questo ha comportato in Italia, soprattutto in montagna, nei territori ricchi d’ acque per la presenza di sorgenti e degli ultimi ghiacciai rimasti ed ormai moribondi, una corsa sfrenata di imprenditori senza scrupoli per accaparrarsi il mercato dell’acqua da miliardi di Euro.
Ciò ha creato anche tutta una serie di operazioni finanziarie legate ai cosiddetti “Certificati verdi”, i quali beneficiano della loro omologazione e del loro valore espresso in Euro in misura equivalente ai KWh prodotti e potranno essere venduti a produttori di energia di impianti alimentati da fonti non rinnovabili.
I Certificati verdi hanno quindi un mercato liberalizzato, commerciale e speculativo, possono essere negoziati disgiuntamente dall’energia elettrica vera e propria e costituiscono l’incentivo economico per le fonti rinnovabili. Questo assicura al gestore dell’impianto per la produzione di energia idroelettrica anche una remunerazione con contributi pubblici (circa il 50% del costo di costruzione dell’impianto), sgravi fiscali, etc., etc., tutta questa manna si traduce in Euro perché l’acqua è stata definita FONTE RINNOVABILE????
Il processo di liberalizzazione e di privatizzazione dell’energia in atto, così come è stato partorito in Italia, ha generato un assalto continuo all’acqua da parte di società finanziarie. Caso eclatante è la provincia di Sondrio in quanto il suo territorio è stato oggetto di desiderio, infatti è il più sfruttato a livello idroelettrico di tutta Italia. Il 90% dei torrenti della provincia di Sondrio ha subito captazioni inerenti allo sfruttamento idroelettrico causando preoccupanti segnali di scarsità idrica in alcune zone del territorio e provocando limitazioni all’approvvigionamento dell’acqua potabile. Tuttora sono avviate procedure per avere ulteriori concessioni di sfruttamento, anche in zone geologicamente a rischio per l’incolumità alle persone (vedi Val di Rezzalo) dai pochi rigagnoli ancora rimasti indenni. Tutto questo causa una devastazione ambientale ed il deterioramento irreversibile dei luoghi ove è stata costruita l’opera idraulica, prosciugamento di alvei, modifica del microclima, danni alla flora e alla fauna, impoverimento della qualità ambientale e territoriale, incremento di utili nei bilanci delle SpA per l’imbottigliamento delle acque minerali.
A tale riguardo, in questi ultimi anni si è consolidato il mercato dell’acqua in bottiglia (con profitti per le multinazionali da milioni di euro) contribuendo ad incrementare una politica di mercificazione e di privatizzazione dell ‘”acqua da tavola”; questo grazie anche ai mass-media i quali, tramite spot pubblicitari inducono i cittadini a credere che l’acqua minerale a loro proposta è l’unica acqua da bere, negando di fatto il diritto naturale alla risorsa idrica che è l’alimento principale di ogni essere vivente, qualunque siano le condizioni economiche e sociali.
Riteniamo importante sollecitare gli Enti Locali, ASL, Gestori dell’acqua potabile, ad attivare una campagna di informazione sulla bontà dell’acqua che scende dai rubinetti delle nostre case, assicurando la massima tutela al consumatore.
Per queste ragioni è importante aprire un dibattito con i cittadini che vivono sul territorio circa le scelte politiche demagogiche che influenzano la nostra vita e condizionano l’uso del territorio pubblico utilizzando ricchezze di tutti i cittadini.
E’ arrivato il momento in cui dobbiamo cambiare radicalmente la prospettiva, bisogna avere il coraggio e assumersi la responsabilità di agire in nome della comunità cui facciamo parte. L’uomo è chiamato ha risarcire l’ambiente per i danni irreversibili che ha provocato per la sua mania di possedere sempre più ricchezze materiali ed effimere.
Oggi è necessario ed urge una conversione ed una cultura socio-economica più attenta, sensibile e parsimoniosa rispetto alla politica dominante del consumo, della serie usa e getta. Solamente attuando da parte di tutti noi quel piccolo passo, lento, nel nome di una decrescita economica sostenibile ed equilibrata, rivolta al risparmio ed alla conservazione, si preserverà quel poco che ancora è rimasto dei beni della Terra.
Riteniamo pertanto necessario: chiedere l’abrogazione della Legge Obiettivo sulle grandi opere e della Legge Delega Ambientale, cambiare radicalmente la vigente normativa sulle acque, promuovere la partecipazione dei cittadini sul territorio per costruire una legge d’iniziativa popolare affinché l’intero ciclo dell’acqua venga collocato all’interno di un governo puramente pubblico e partecipativo, indisponibile alle leggi del mercato, in linea con quanto previsto dalla Direttiva Quadro sulle acque 2000/60/Ce che l’Italia dal 31 dicembre 2003 non ha ancora recepito, con condanna nel gennaio 2006 dalla Corte di Giustizia Europea per la non attuazione.
Riteniamo inoltre fondamentale attivarci presso le istituzioni competenti affinché (causa cambiamenti climatici ormai così evidenti) in provincia di Sondrio siano rinegoziate tutte le concessioni per lo sfruttamento idroelettrico in essere e avviare una moratoria per le concessioni in fieri.
Consideriamo inoltre indispensabile ed urgente ri-calibrare e far rispettare il DMV(deflusso minimo vitale) non più con una formula matematica risibile, dovrebbe invece coincidere con la portata media naturale del corso d’acqua nei periodi di asciutta, quelli fissati dai protocolli sono difficilmente controllabili, per cui chiediamo che vengano istituite delle commissioni per la vigilanza del DMV, composte da rappresentanti di cittadini del territorio e da rappresentanti di associazioni ambientaliste riconosciute. La loro funzione sarà da agire da garante sulla gestione e regolazione delle acque. A ulteriore conferma che c’è bisogno di controllo e di pulizia nel governo attuale delle acque. Portiamo come esempio l’estate 2006, con la speranza che ciò che è accaduto non abbia più a ripetersi: la situazione drammatica che i gestori degli invasi artificiali prealpini e alpini ci hanno costretti a subire aggravando la crisi idrica in atto per la resistenza a rilasciare l’acqua alla pianura. Questo ha causato grossi danni mettendo in ginocchio l’agricoltura della pianura ed innescando quindi una catena di usi illegittimi che ha avuto come ultimo anello gli agricoltori. Essi hanno attuato prelievi non sempre autorizzati.... contribuendo a rendere agonizzanti i fiumi .
Sollecitiamo con forza, chiedendo regole precise per i gestori dei bacini idroelettrici, immediate revisioni sul fronte dell’efficientamento degli impianti di produzione esistenti, ormai obsoleti, attuando un opera di modernizzazione vincolata a criteri idraulici sostenibili in ambienti montani.
Chiediamo alla Regione Lombardia ed alla Provincia di Sondrio di elaborare un nuovo Piano di tutela delle acque per porre le basi e affermare la necessità di un governo dell’acqua che sia pubblico, sostenibile, partecipativo e legato al bacino idrografico, garantendo il pieno accesso universale.
Scopo di questo Convegno, oltre che informare la cittadinanza sullo stato delle acque, sarà anche quello di promuovere un laboratorio ecologico legato alla cultura dell’acqua, avviando rapporti di collaborazione, di mobilitazione e proposte dei movimenti per l’acqua, costituire un fronte compatto prealpino e alpino contro ogni tipo di privatizzazione, aperto alle Associazioni, ai rappresentanti di cittadini, a forze politiche e sindacali che si riconoscono nella società civile per ribadire che: L’ACQUA E’ UN BENE COMUNE, L’ ACQUA NON E’ DI DESTRA O DI SINISTRA, L’ACQUA E’ E DEVE RESTARE PATRIMONIO DELL’UMANITA’.
Non lasciamo in eredità ai nostri figli l’acqua in mano alle società finanziarie.
Le montagne con le sue ricchezze sino ad oggi sono state terra di conquista soprattutto nella regione Lombardia……….meditate gente chi avete assunto per rappresentarVi….

Il Comitato Organizzatore:
Mountain Wilderness Italia – commissione acque -
Partito Rifondazione Comunista – Sondrio –

L'acqua, per tutti


Per salvare l'acqua viva
RICCARDO PETRELLA


dal manifesto di martedi 4 luglio 2000

Oggi, parlare d'acqua equivale a parlare di tre realtà fondamentali, strettamente correlate: il diritto alla vita, il bene comune, la democrazia. Diritto alla vita, perché ci sono nel mondo circa 1.680 milioni di persone che, secondo l'Organizzazione mondiale della sanità, non hanno accesso all'acqua potabile, con tutte le conseguenze immaginabili per la salute ed altre attività umane d'importanza vitale. Per chi è privo di questa risorsa, il diritto alla vita non è garantito. Inoltre, una persona su tre al mondo non ha accesso ai servizi sanitari e una persona su due non gode di alcun servizio di trattamento delle acque reflue. Ciononostante, ci definiamo una civiltà sviluppata, la civiltà della mondializzazione, orgogliosi di aver creato una nuova economia, ad alta intensità tecnologica, basata sulle conoscenze e sul sapere.
Il diritto alla vita per tutti va riaffermato perché nel contesto attuale di crescente mercificazione (tutto é ridotto a merce, persino il corpo umano, i nostri geni; per non parlare dei rapporti sociali, delle attività culturali, del mondo della natura) esso viene sempre più condizionato dalle logiche dell'economia capitalista di mercato. Le varie forme e fonti di vita sono oramai l'oggetto sistematico d'appropriazione privata grazie alla generalizzazione dei diritti di proprietà intellettuale, diventati lo strumento principale della privatizzazione del mondo. In altri termini, l'acqua rivela, in modo drammatico, lo stato attuale massiccio, insopportabile, d'esclusione dal diritto alla vita per centinaia di milioni d'esseri umani. Se le cose non cambiano è più che probabile che tra venti anni, quando il mondo sarà popolato da otto miliardi di esseri umani, i 1.680 milioni che non hanno accesso all'acqua potabile diventino 3 miliardi, se non di più. E' un "futuribile" inaccettabile.
La seconda realtà concerne l'attuale sparizione dell'acqua in quanto bene comune. Considerata sempre più come un bene economico da sottomettere alle regole degli interessi privati dei produttori, dei distributori, dei gestori dei servizi, dei consumatori, l'acqua sta per uscire in un numero crescente di paesi dal campo della res publica, dei beni comuni, dei servizi pubblici per far parte della categoria dei beni privati. Le nostre società stanno dimostrando di non avere più la voglia di essere fondate ed organizzate sulla base di beni e servizi comuni.
Avendo privatizzato quasi tutto (i telefoni, i trasporti, gli ospedali, la televisione, le banche, le assicurazioni, l'energia...) esse non hanno più gran ché in comune. Ora, più i membri di una comunità umana hanno poco da condividere, meno essi formano una società coesiva. La ricerca dell'interesse generale non figura più come principio fondatore e ispiratore del vivere insieme. Quel che conta è massimizzare l'interesse particolare dei più competitivi, dei più forti. Il giorno in cui l'acqua dovesse cessare d'essere considerata un bene comune appartenente a tutti i membri della società, non bisognerà stupirsi se le società saranno logorate dal virus dell'individualismo a oltranza e da conflitti interni duri tra gruppi sociali e territori in lotta attorno a usi alternativi, competitivi, dell'acqua, escludenti gli interessi degli altri.
Finora, anche se l'acqua non è stata vista come un bene comune patrimoniale appartenente all'umanità, essa è stata considerata e vissuta come un bene "nazionale", appartenente alla comunità" nazionale", rappresentata dai poteri pubblici statali. L'assenza di una cultura dell'acqua come bene comune mondiale spiega perché l'acqua è stata e sta diventando oggi una delle cause principali di accentuazione, in un numero crescente di paesi, di conflitti fra nazioni, fra Stati. A causa della rarefazione dell'acqua qualitativamente soddisfacente nella quantità voluta (l'inquinamento e l'aumento della popolazione figurano fra i fattori esplicativi), gli stati utilizzano l'acqua come uno strumento geopolitico ed economico al servizio delle loro strategie di potenza. Il caso della Turchia è a questo riguardo molto eloquente rispetto alle popolazioni curde ed ai paesi limitrofi quali la Siria e l'Iraq. E' tempo, se si vuole promuovere una pratica di coesistenza, del co-sviluppo e della co-determinazione a livello internazionale continentale e mondiale, di definire un diritto mondiale dell'acqua, fondato sul principio che l'acqua appartiene all'umanità e non ai singoli paesi, e di riconoscere che tocca alle popolazioni che abitano sullo stesso bacino idrico di gestire in maniera solidale e cooperativa il bene comune.
Terza realtà, infine, la democrazia. L'acqua rivela in maniera brutale il fatto che noi viviamo in una società sempre meno, o non ancora, democratica, capace cioè di gestire il diritto alla vita su basi collettive e partecipative. In Gran Bretagna, o in Francia, si è accettata la gestione dell'acqua da parte di società private la cui logica è dettata dal tasso di rendimento degli investimenti (il rendimento medio attuale in seno ai paesi sviluppati é del 15%). Quando invece è ancora coinvolta l'autorità pubblica, il più delle volte si tratta di una gestione tecnocratica, inefficiente, corrotta, che giustifica e dà forza agli argomenti di gruppi e forze sociali favorevoli alla privatizzazione.
La gestione dell'acqua è una questione di democrazia. Non è un problema di competenze tecniche, proprie a ingegneri, idraulici, chimici, esperti contabili. Essa è soprattutto un fatto della comunità locale (la città, la regione, il bacino idrico...) Esempio concreto: il prezzo. Il prezzo dell'acqua obbedisce sempre di più a logiche di mercato. L'esperienza britannica e francese dimostra che il prezzo di mercato non è lo strumento migliore per assicurare a tutti l'accesso all'acqua, nella maniera la più efficace sul piano dell'economia pubblica locale e "nazionale" e dello sviluppo "sostenibile" della democrazia locale. Nei Paesi Bassi, nelle Fiandre, nel Quebec, sta emergendo l'idea che tocchi alla collettività di sobbarcarsi del finanziamento dei costi necessari per assicurare a ogni cittadino l'accesso al minimo vitale (calcolato in 50 litri al giorno e 1700 metri cubi all'anno a persona). Il costo per garantire la captazione, l'epurazione, la restituzione, il mantenimento, il trattamento delle acque reflue di questo minimo vitale deve essere un costo collettivamente condiviso. Al di là del minimo vitale, spetta al cittadino pagare l'acqua utilizzata in rapporto progressivo al consumo.
Un approccio democratico alla gestione dell'acqua comporta il finanziamento collettivo dei costi associati alla provvisione e distribuzione del minimo vitale (in quantità e qualità) attraverso la tassazione e una spesa pubblica redistributiva. Ma come si può applicare un tale principio a livello mondiale? Attualmente, le grandi compagnie private riforniscono 300 milioni di persone. Esse prevedono di dare acqua nel 2015 a 1650 milioni di persone. A più lungo termine, si ipotizza che quattro-cinque grandi reti di imprese private multi-territoriali e multi-servizi potranno gestire, sulla base di appalti e subappalti, l'insieme dei servizi idrici attraversoil mondo. Perché ciò che sembra essere possibile al privato dovrebbe essere impossibile ai poteri pubblici? Una gestione mondiale pubblica di una ricchezza comune come l'acqua è, dunque, non solo auspicabile ma soprattutto possibile.
L'idea di un Contratto Mondiale dell'Acqua consiste precisamente nel riconoscere la necessità, la pertinenza e la possibilità di una visione e di una pratica democratiche della gestione del diritto alla vita per gli 8 miliardi di persone che abiteranno il pianeta nel 2O2O. La creazione di parlamenti dei bacini (fra i 442 principali bacini fluviali nel mondo, tutti, tranne due, sono binazionali o plurinazionali) rappresenta un passo importante sul cammino della creazione di istanze e strutture necessarie per favorire la partecipazione delle popolazioni alla gestione democratica dell'acqua nell'interesse comune.

Oro blu per tutti
E' nato in Italia un Comitato contro il tentativo di "petrolizzare" l'acqua, bene pubblico mondiale

"Nel prossimo secolo le guerre scoppieranno per l'acqua, non per il petrolio o per motivi politici", sostenne nel 1995 Ismail Serageldin, vicepresidente della Banca mondiale. Su sei miliardi di esseri umani nel mondo, il 25% non ha accesso all'acqua, cioè circa 1 miliardo e mezzo di persone. Chi ha denaro paga questo "diritto alla vita", che agli altri viene negato. Per contrastare il tentativo di petrolizzare l'acqua è nato il Comitato Italiano per il Contratto Mondiale per l'Acqua, promosso dal Cispi con l'adesione del Coordinamento degli Enti locali per la Pace, l'Associazione culturale Punto Rosso, e diverse personalità in rappresentanza di sindacati, di centri di ricerca, di fondazioni, Ong, oltre a esponenti del mondo culturale, ambientalista e della cooperazione internazionale.
Il principio affermato dal Comitato è che l'acqua è un diritto e che nei paesi più poveri coincide con il diritto alla vita. Attualmente invece l'intesa tra governi, la Banca mondiale, le organizzazioni internazionali, i tecnocrati e le multinazionali, come Vivendi, Suez-Lyonnais des Eaux o Thames Water, tende a trasformare l'acqua in un business paragonabile proprio a quello del petrolio. La banca svizzera Pictet ha appena lanciato un fondo d'investimento con titoli legati al business dell'acqua, ipotizzando rendimenti eccezionali proprio grazie allo sviluppo del settore privato. A difesa del diritto all'acqua è già stato istituito, per iniziativa dell'economista Riccardo Petrella, il Comitato internazionale per la promozione di un Contratto mondiale dell'Acqua basato sul principio della gratuità. Vi hanno aderito Mario Soares - presidente del Comitato internazionale -, Danielle Mitterand, e si stanno costituendo comitati nazionali in tutto il mondo: sono già attivi in Belgio, Canada, Svizzera, Francia, Stati Uniti, Brasile ... In Italia il Comitato nazionale è stato costituito nel mese di marzo a Milano, e la prima assemblea si è svolta il 17 giugno scorso. Il Comitato italiano ha iniziato una campagna nazionale di sensibilizzazione, Acqua bene comune della umanità che si articola in seminari in 13 città italiane con il coinvolgimento di cittadini, enti locali, associazioni, aziende municipalizzate, scuole. Principali argomenti: il problema dell'acqua a livello mondiale; la realtà locale e l'acqua. Sono previsti inoltre percorsi formativi in 12 città italiane, corsi di formazione per animatori della Campagna, operatori di cooperazione internazionale, con manuali didattici, audiovisivi, Cd-Rom, spot televisivi e pubblicazioni, tra le quali un volume di Riccardo Petrella che sarà pubblicato in autunno. E' già iniziata una raccolta di firme per sottoscrivere anche via Internet il Manifesto dell'Acqua (pubblicato sul sito: web.tin.it/cipsi/acqua), contenente i principi fondamentali per una politica solidale dell'acqua a livello "locale" e mondiale, e cioè: il riconoscimento che l'acqua è anzitutto un bene comune patrimoniale vitale dell'umanità e dell'eco-sistema Terra; l'affermazione che l'accesso all'acqua potabile e sana è un diritto umano e sociale, individuale e collettivo di base inalienabile, e che questo diritto appartiene anche alle altre specie viventi del sistema Terra; la gestione dell'acqua è fondamentalmente un affare dei cittadini, una pratica di democrazia locale, nazionale, internazionale e mondiale. Il momento più significativo sarà la Giornata Mondiale dell'Acqua il 22 marzo 2001 con iniziative in almeno 25 città italiane. La campagna ha l'obiettivo di attivare processi di cambiamento sia al Nord sia al Sud del mondo, favorendo un'informazione non solo di carattere scientifico, ma anche politico e strategico.
La rivista Solidarietà Internazionale del Cispi ha dedicato a questo argomento un Dossier tematico "L'oro blu del XXI secolo", comprendente esperienze dal Sud del mondo (si può richiedere copia gratuita).

Il Coordinamento Provinciale di Varese



.....SIAMO TUTTI MOLTIPLICATORI....

COSTITUITO IL C
OORDINAMENTO PROVINCIALE
DELLA PROVINCIA DI VARESE
PER LA CAMPAGNA
DI RIPUBBLICIZZAZIONE DELLE ACQUE

Si è costituito il coordinamento della provincia di Varese
a sostegno della campagna
“Acqua Pubblica ci metto la firma”

Alla riunione di Malnate, che si è tenuta il 30 Gennaio, hanno partecipato numerose rappresentanze delle associazioni, gruppi, partiti, sindacati e singoli cittadini che appoggiano la campagna.
Vi erano persone da ogni latitudine della provincia:
Luino, BustoArsizio, Daverio, CassanoValcuvia, Gallarate, Fagnano, Samarate, Malnate, Venegono Inferiore e Superiore, Tradate, Varese e dalla Val Cuvia, CasaleLitta...e così via, solo per citarne alcuni...
vi erano Sindaci, Consiglieri Comunali e Regionali, e soprattutto vi erano molti giovani...
nasce cosi il nodo provinciale..

Dopo approfondimenti in merito alla campagna e dopo la condivisione del percorso si concorda che:
Si promuovono gruppi di lavoro territoriali :
già operativi Busto, Gallarate, Saronno, Varese,..ne abbisognano ancora altri per coprire tutto il territorio provinciale.
Si condivide l'esigenza di costruire una rete che metta in comunicazione tutti i soggetti attivi nella campagna e che possa rispondere alle problematiche che di volta in volta si possono presentare durante la raccolta delle firme.

Referenti individuati sino ad ora:
Busto Arsizio: i.paganini@libero.it
Gallarate: antonellocarai@alice.it
Varese: paocov@libero.it
Regionale: marco.schiaffino@gmail.com

Si invitano tutti gli aderenti a dar vita e a promuovere gruppi di lavoro territoriali.....
un banchetto in ogni paese della provincia.

Per eventuali ulteriori chiarimenti, richieste moduli e materiale rivolgersi hai referenti.

Si invita inoltre chi abbisogna a breve di materiale di scaricarlo e stamparlo dal sito:
www.acquabenecomune.org

Cogliamo l'occasione per augurare a tutti un buon lavoro.

Il Coordinamento Provinciale di Varese


L’ore liquido… «difetti della legge Galli»






Ichiesta "Il Portamonete", di CLAUDIO PAVONI rubrica quotidiana che in tre minuti sintetizza un fatto, un argomento, una vicenda con un unico scopo: quello di capire e farsi capire.


del 14/09/2006

L'acqua è un bene destinato ad essere forse più prezioso del petrolio.
Sul Portamonete di Claudio Pavoni gli interrogativi sulla privatizzazione di questa risorsa strategica in bilico fra emergenza e sprechi.


L'acqua in Italia si paga troppo poco?
E' giusta la privatizzazione degli acquedotti?