Copenhagen, 07-18 Dicembre - Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici

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Copenhagen, 07-18 Dicembre
Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici
I movimenti sostengono: "Cambiare il sistema, per cambiare il clima!"


Appello dei Movimenti per l’acqua e per la difesa dei Beni Comuni

Noi, Movimenti di Water Justice provenienti da ogni parte del mondo, uniti da lotte comuni, tutte a difesa dell’acqua, da Cochabamba a Plachimada, Hasankeyf e Namada Valley, dalla Colombia al Sud Africa e alle Filippine, e spronati dagli impegni che abbiamo assunto collettivamente con le Dichiarazioni del Forum Alternativo dell’Acqua di Mexico City (2006) e di Istanbul (2009) [...]

chiediamo che

  • i Governi partecipanti alla Conferenza di Copenhagen sul Clima (7-18 dicembre 2009) mettano l’acqua all’ordine del giorno dei lavori. Un accordo mondiale sul clima deve contenere regole e principi di equità, sostenibilità e democrazia per la salvaguardia dell’acqua, della terra e della salute dei nostri ecosistemi.
  • Adottino un approccio eco sistemico di adattamento e mitigazione per proteggere gli ecosistemi e di conseguenza costruire una resilienza climatica di lungo termine e mantenere la salubrità di ecosistemi idrici potabili.
  • Diano vita a un gruppo di lavoro che predisponga un Accordo Mondiale sull’Acqua vincolante per tutti i Paesi, sotto l’egida delle Nazioni Unite, da presentare e approvare entro la fine dei negoziati nel 2012.
  • Tramite l’Assemblea delle Nazioni Unite, sulla base delle conclusioni della Conferenza di Copenhagen, venga istituita un’Agenzia Mondiale dell’Acqua che sostituisca l’illegittimo World Water Forum. Tale Agenzia deve essere un vero e proprio strumento per l’azione e cooperazione globale nel campo delle risorse idriche, indipendente dai grandi interessi finanziari, economici e commerciali privati, e dotata di poteri adeguati per la prevenzione e soluzione dei conflitti.
    Leggi tutto...

E’ possibile sottoscrivere l’appello qui

Per leggere il programma del controvertice dei movimenti "Klimaforum 09" cliccare qui

Breve riassunto del quadro politico e delle realtà di movimento che saranno presenti a Copenaghen nelle giornate del vertice

Roma, 16 dicembre ore 10.00 - Presidio sotto la sede di Acea: "Da Copenhagen a Roma: cambiare il sistema, per cambiare il clima!"

Repressione a Copenhagen di Naomi Klein

Siti Utili:


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Proposte per la ripubblicizzazione dell’acqua:
il servizio idrico integrato è un servizio
pubblico locale privo di rilevanza economica

Ripubblicizziamo l’acqua a partire dagli Enti Locali

Come Forum Italiano dei Movimenti per l’Acqua abbiamo predisposto alcune proposte per poter dare inizio ad un percorso di ripubblicizzazione del Servizio Idrico Integrato a partire dagli Enti Locali più vicini al cittadino, cioè i Comuni, anche alla luce della recente approvazione dell’art. 15 del decreto 135/09.
Pertanto di seguito si trovano:

Inoltre è stato definito un possibile percorso di ripubblicizzazione del SII alla luce dell’approvazione dell’art. 15 Dl 135/09.

Leggi il parere della Corte dei Conti (Sezione Regionale di Controllo per la Lombardia) in merito all’ambito di applicazione dell’art. 23bis, Legge 6 agosto 2008, n. 133: "[...] non è possibile individuare a priori, in maniera definita e statica, una categoria di servizi pubblici a rilevanza economica, che va, invece, effettuata di volta in volta, con riferimento al singolo servizio da espletare, da parte dell’ente stesso [...]"

L’elenco delle delibere approvate e in fase di discussione

La Regione Puglia ripubblicizza l’Acquedotto Pugliese

Per approfondimenti cliccare qui

“Donne per cambiare” in difesa per l’acqua

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“Donne per cambiare” in difesa per l’acqua
Il gruppo ha consegnato al Commissario Prefettizio
la petizione popolare “Salviamo l'acqua” con oltre 600 firme

21/12/2009

Saronno - Il gruppo “Donne per cambiare” ha consegnato oggi al Commissario Prefettizio dott.ssa Giuliana Longhi la petizione popolare “Salviamo l'acqua” con cui 661 cittadini di Saronno hanno chiesto al futuro Sindaco e al futuro Consiglio comunale di riconoscere l'acqua come bene comune e il servizio idrico integrato quale servizio pubblico locale privo di rilevanza economica e senza scopo di lucro.
Le “Donne per cambiare” di Saronno, accomunate dalla consapevolezza dell'importanza dell'acqua come diritto universale, nonché dalla necessità di una sua salvaguardia per l'ambiente e per le generazione future, hanno indetto questa petizione popolare per “contrastare le conseguenza derivanti dall'eventuale applicazione dell'art.15 del D.L 135/09 che muove passi decisi verso la privatizzazione dei servizi idrici e degli altri servizi pubblici”.

“La raccolta delle firme è avvenuta in un clima di grande e coinvolgimento – raccontano dal Gruppo -. I saronnesi che si sono avvicinati ai banchetti della raccolta firme, hanno anche manifestato il desiderio di partecipare attivamente alle decisioni politiche intese come gestione del bene comune, consapevoli che ogni scelta fatta dall'alto e non condivisa dai cittadini può ricadere negativamente compromettendo la qualità della vita quotidiana di ciascuno. Ci sembra inoltre utile segnalare che proprio in questi giorni la vicina Francia ha messo in discussione la privatizzazione dell'acqua riproponendola come bene pubblico”.


Una lettera dal futuro: un cittadino spiega la privatizzazione dell'acqua a una senatrice

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Una lettera dal futuro:
un cittadino spiega la privatizzazione
dell'acqua a una senatrice


Questa settimana la Camera dei deputati sarà chiamata a discutere e votare il decreto legge numero 135/2009, quello che sancisce la privatizzazione dei servizi pubblici, tra cui il servizio idrico integrato. Il Forum italiano dei movimenti per l'acqua, così, ha invitato tutti gli attivisti italiani per l'acqua “bene comune” ad inviare e-mail ai parlamentari, chiedendo un voto di coscienza contro la privatizzazione.

In risposta al mail bombing, la senatrice del Pd Marilena Adamo ha inviato una lettera rivendicando l'opposizione del Partito democratico che, a suo avviso, è stata “dura”. L'Adamo cita l'emendamento che sancisce la proprietà pubblica dell'acqua, di cui ha scritto a sproposito anche Rumiz su Repubblica, e il cui intento -come abbiamo già scritto- è solo quello di deviare l'attenzione dal problema reale, la privatizzazione della gestione.

Alla Adamo risponde Alberto De Monaco, attivista del Comitato acqua pubblica di Aprilia, la cittadina laziale famosa per essere uno dei laboratori della privatizzazione. Alberto si definisce “uno che viene dal futuro”, e dal suo osservatorio privilegiato nel Sud del Lazio spiega ciò che potrebbe accadere nei prossimi 12 mesi in tutta Italia.

***

Al “Forum italiano dei movimenti per l'acqua”

A tutti i cittadini che hanno scritto ai Senatori della I Commissione

Roma, 12 novembre 2009

Negli scorsi giorni noi parlamentari abbiamo ricevuto tantissime vostre e-mail che ci segnalavano lo sdegno dei cittadini per il provvedimento del Governo che di fatto rende più concreto il processo di privatizzazione di un bene pubblico fondamentale: l'acqua.

Peraltro il Governo ha fatto tutto questo inserendo una norma in un decreto legge che parla di tutt'altro, piuttosto che affrontare in Parlamento una seria e aperta discussione della riforma dei servizi pubblici locali. Da tempo, infatti, giacciono sia alla Camera che al Senato dei progetti di legge di iniziativa parlamentare in cui si affronta la questione in maniera organica e strutturata. Invece il Governo, per la quarantacinquesima volta dall'inizio della legislatura, ha scelto la via più semplice, e più opaca rispetto alla pubblica opinione, del decreto-legge.

Come sapete in quel contesto si trattava di INCLUDERE l'acqua nell'elenco dei servizi esclusi dall'applicazione della modalità privatistica di gestione e affidamento (criticabile anche per altri aspetti), com'è stato fatto per energia e trasporti regionali, che hanno una normativa diversa ad hoc. Non si è voluto fare, parificando di fatto l'acqua a qualsiasi altro servizio, ad esempio lo smaltimento rifiuti. Il che risulta ancora più paradossale perché in sede europea e internazionale si sta tornando indietro, rispetto alle scelte più spinte di liberalizzazione, proprio sull'acqua. L'opposizione del gruppo del partito Democratico è stata dura. Abbiamo presentato numerosi emendamenti sia soppressivi che migliorativi, purtroppo incontrando solo un muro di chiusura da parte del Governo, che non ha accettato neppure la costituzione di un'Authority nazionale.

Siamo riusciti però, ed è un piccolo ma importante risultato, a fare accogliere un punto di principio cui appellarsi in fase applicativa, che riafferma “...piena ed esclusiva proprietà pubblica delle risorse idriche, il cui governo spetta esclusivamente alle istituzioni pubbliche, in particolare in ordine alla qualità e prezzo del servizio, in conformità a quanto previsto dal decreto legislativo 152 del 2006, garantendo il diritto alla universalità ed accessibilità del servizio” (grassetto nostro).

Ora il testo è alla Camera e, visto anche l'approssimarsi della scadenza del decreto (24 novembre), sarà ancora più difficile, ma non per questo verrà meno il nostro impegno, forti anche del vostro contributo.

A tutti voi un cordiale saluto

Sen. Marilena Adamo, Segretaria I Commissione Affari Costituzionali - Senato della Repubblica

Gruppo Partito Democratico


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Egregia senatrice,

le risponde uno che viene dal futuro: noi a Latina siamo in piena privatizzazione ormai da 7 anni. Ad Arezzo anche di più. Le scrivo usando quel poco di tecniche finanziarie ed economiche apprese sul “campo di battaglia”: la proprietà pubblica delle acque è fuori luogo, quindi nulla di nuovo all'orizzonte;

per quanto riguarda la tariffa, è la volontà del privatizzatore che esige che queste le faccia il pubblico. La tecnica è: io, privato, con le tariffe che voi ci dite di applicare non ce la faccio; i Comuni ci hanno presentato una situazione che da gestire è più difficile del previsto; le reti sono peggio del previsto, piove e l'acqua è torbida, etc, etc. Sono cose che qui da noi sentiamo da anni. Poi dicono: attenzione, qui siamo in regime di monopolio territoriale, al gestore deve essere assicurato il pareggio, ossia il pagamento dei costi. Ecco allora che tu, pubblico, che sei il responsabile di fare la tariffa (...sui dati del gestore privato che il pubblico non può avere per legge, visto che è spa di diritto privato e quindi protetta per diritto nel suo agire per fare l'interesse degli azionisti) , mi devi aumentare le tariffe se vuoi gli investimenti. Poi c'è la solita tecnica: se non vuoi che aumentiamo subito, allora noi facciamo un bel project financing, chiediamo i soldi ad una bella banca d'affari che investe sul progetto gestionale, e cosi troviamo i soldi! Il problema è che la banca d'affari non fa carità, ma profitto, e se il progetto non rende non è che dice “mi ero sbagliata”. Al gestore dice: voglio comunque che tu onori il debito. Ecco allora che il gestore (che quasi sempre fa avallare questi prestiti con le garanzie della tariffa che il pubblico deve approvare) dice: “Cari sindaci, alzate la tariffa perché il servizio va male ma noi il mutuo (con interessi alla banca) lo dobbiamo pagare”. Ho letto piani d'ambito e richieste di finanziamenti in varie parti d'Italia, e le assicuro che spesso i gestori si lamentano perché magari quest'anno il consumo dell'acqua è diminuito e quindi ci sono meno introiti, anche se il costo corrente aumenta, il costo personale aumenta. E quindi dice ai sindaci: meno incassi, costi comunque elevati, la banca chiede di aumentare la tariffa, oppure diminuire gli investimenti, oppure ancora chiede che i comuni mettano soldi pubblici per fare investimenti in nuovi impianti che poi deve dare in gestione al privato.

Insomma, si riesce a capire che questo processo si chiama con un solo nome? Mercato sul bene acqua, grandi speculatori finanziari, multinazionali, banche d'affari, etc, etc.

Mi scusi se mi dilungo, ma vede noi che veniamo dal futuro possiamo descriverle bene cosa significa privatizzazione. Per non parlare poi della cattiva politica che in queste cose ci marcia e ci abusa.

Qui da noi questo processo a nome e cognomi: legge Meta-Besson, che immagino lei conosca. Il noto ingegner Besson, dopo aver scritto la legge regionale sul servizio idrico, dividendo gli Ato del Lazio un poco come le province e senza il criterio di ambito ottimale, è passato in Enel Hydro. Di qui poi è stato chiamato come amministratore in Acqualatina spa (è ancora il vice presidente), è stato consigliere d'amministrazione in Acea Ato2 spa, e presidente della Sorical in Calabria. Mentre, per non far torto a nessuno, il presidente di Acqualatina spa è (già dal 2006) il senatore di Forza Italia Claudio Fazzone, di Fondi.

Guardi le chiedo scusa, sono molto arrabbiato e mi fa male lo stomaco a parlare delle nostre cose che vengono dal futuro, ma sentire tante sciocchezze e mezze misure su una cosa così delicata e fondamentale come la gestione dell'acqua mi fa male al cuore, alla mente e pure alla tasca!!!

Abbiate il coraggio di dire: vogliamo che i Comuni spariscono, che il pubblico non sia più capace a fare nulla (la questione del controllo è questione di lana caprina, quando non si può gestire..), che i sindaci devono arrendersi, che le comunità sono gestite in effetti dalle volontà dei vari consigli d'amministrazione (acqua, rifiuti, etc, etc,) e facciamola finita!

Con il rispetto per una persona che -come lei- accetta la discussione ed il confronto, le dico che ormai non desidero più andare a votare per sindaci e politici e spero di poter votare i vari membri dei consigli d'amministrazione. magari ho più poteri verso di loro e decido anche io qualcosa! La lascio con un'ultima riflessione: le tariffe sono tutte aumentate per quanto previsto nei piani d'ambito privatizzati, ma gli investimenti fatti sono circa la metà di quanto previsto nei contratti a gara, quindi è come se noi cittadini pagassimo la tariffa doppia! Il tutto condito con investimenti totali negli anni privatizzati, meno di quelli che faceva prima il pubblico. Si chieda perché negli Stati Uniti d'America gli enti di gestione sono tutti pubblici, e Atlanta che aveva privatizzato ha avuto una pessima esperienza. Si chieda perché Parigi torna indietro. Noi che veniamo dal futuro lo abbiamo già capito bene sulla nostra pelle!

Alberto De Monaco, Comitato acqua pubblica Aprilia

Ci hanno rubato anche l’acqua! - di Marcello Pamio

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Ci hanno rubato

anche l’acqua!
di Marcello Pamio

20 novembre 2009

Mercoledì 4 novembre scorso, dopo solo due giorni di discussione, è stato approvato il decreto-legge 25 settembre 2009, nr.135: “Disposizioni urgenti per l’attuazione di obblighi comunitari e per l’esecuzione di sentenze della Corte di giustizia delle Comunità europee”, pubblicato nella Gazzetta ufficiale n. 223.
Il voto in Senato è la conclusione di un iter parlamentare che dura da 2 anni, infatti il governo Berlusconi, con l’articolo 23 bis della legge 133/2008, aveva provveduto a regolamentare la gestione del servizio idrico integrato che prevedeva, in via ordinaria, il conferimento della gestione dei servizi pubblici locali a imprenditori o società, mediante il rinvio a gara, entro il 31 dicembre 2010.[1]

Quella legge è stata approvata il 6 agosto 2008, mentre l’Italia era casualmente in vacanza!
Un anno dopo, precisamente il 9 settembre 2009, il Consiglio dei ministri ha approvato un decreto-legge (l’accordo Fitto- Calderoli), il cui articolo 15, modificando l’articolo 23 bis, muove passi ancora più decisivi verso la privatizzazione dei servizi idrici.[2] Il Pd, che è sempre stato piuttosto favorevole alla privatizzazione dell’acqua, ha proposto nella persona del senatore Bubbico, un emendamento compromesso: l’acqua potrebbe essere gestita dai privati, ma la proprietà resterebbe pubblica…[3]

Tale vergognoso decreto, passato con la fiducia ieri, da effettivamente il via libera alla privatizzazione dei servizi pubblici locali.
”Leggendo (neanche troppo attentamente) la “causale” del ddl, ci si accorge di essere di fronte all’ennesima “rapina di Stato” che, sotto il vessillo della “privatizzazione forzata” imposta dalla Ue, in realtà nasconde un bisogno di energie economiche per far quadrare i debiti con l’Europa”. [4]
“Le disposizioni urgenti per l’attuazione di obblighi comunitari... si traducono in bisogno di denaro per il governo italiano. Nessun diktat europeo impone la privatizzazione dell’acqua, anzi...”
”Risoluzione europea 11 marzo 2004, “Strategia per il mercato interno, priorità 2003- 2006 , al paragrafo 5 cita: “Essendo l’acqua un bene comune dell’umanità, la gestione delle risorse idriche non deve essere assoggettata alle norme del mercato interno”.[5]

Le stesse norme verranno ribadite nel IV° forum mondiale sull’acqua nella Risoluzione europea 15 marzo 2006, che al paragrafo 1 dichiara: “l’acqua è un bene comune dell’umanità e come tale l’accesso all’acqua costituisce un diritto fondamentale della persona umana; chiede che siano esplicati tutti gli sforzi necessari a garantire l’accesso all’acqua alle popolazioni più povere entro il 2015 .

L’emendamento che prevede l’affidamento della gestione dei servizi idrici locali ai privati, è il 15.504 e vede la firma del senatore piddino Bubbico.
Malgrado Bubbico in Senato abbia osannato il successo del Pd nella firma del ddl, sostenendo: “Grazie a un emendamento del Pd è stata scongiurata la privatizzazione dell’acqua, bene indispensabile, di primaria importanza per tutti i cittadini”, leggendo lo stesso emendamento si scopre la “truffa”. “Tutte le forme di affidamento della gestione del servizio idrico integrato [...] devono avvenire nel rispetto dei principi di autonomia gestionale del soggetto gestore e di piena ed esclusiva proprietà pubblica delle risorse idriche, il cui governo spetta esclusivamente alle istituzioni pubbliche [...]”.

Che in soldoni vuol dire: servizio autonomo affidato ai privati e proprietà pubblica della risorsa, ossia l'acqua. L'emendamento 15.504, un provvedimento quindi di privatizzazione dei servizi pubblici, avallato dal Pd, è stato respinto solo dall'Italia dei Valori e da tre senatori del Partito democratico (Marinaro, Zanda e Nerozzi), voti favorevoli di Udc, Pdl, Lega Nord e Pd, in questa "originale coalizione istituzionale" fautrice del nuovo principio: l'acqua un bene privato del mercato.
I partiti hanno criminalmente reso l’acqua un bene privato!

Come vedete, gli avvoltoi, indipendentemente dal colore partitico, rimangono sempre e solo degli avvoltoi, stipendiati, in questo caso, direttamente dalla lobbies delle bollicine.
Il mercato dell’acqua in Italia è un mercato molto interessante, per via degli 11 miliardi di litri di acqua minerale bevuti ogni anno. Stiamo parlando di circa 5 miliardi di euro di fatturato per i soliti noti.
Con simili numeri è possibile corrompere e/o convincere chiunque.
Il rapporto dei prezzi tra acqua minerale in bottiglia e “l’acqua del sindaco” (da ieri non più del primo cittadino, ma dei privati) ha dell’incredibile: un litro di acqua minerale costa mediamente 0,35 - 0,40 euro, contro 0,001 euro dell'acqua del rubinetto.

La grande truffa dell’acqua in bottiglia
(tratto da www.trekking.it/it/articoli/La-grande-truffa-dell'acqua-minerale_2503.html )

Fino a qualche anno fa, le “acque minerali” dovevano comunque sgorgare da fonti certificate, monitorate, e con caratteristiche dell’acqua almeno particolari rispetto alla semplice acqua potabile.
Poco importa se, anche in questo caso, si potrebbe configurare quantomeno l’appropriazione discutibile, ancorchè tollerata dalle normative, di un bene che appartiene a tutti i cittadini, poichè le acque sotterranee fanno parte del demanio pubblico.

Le aziende private che sfruttano le falde acquifere potabili, infatti, pagano alla collettività un irrisorio “canone di coltivazione”, a fronte della concessione, spesso permanente, di un bene pubblico. In pratica, gli amministratori che dovrebbero gestire, e non svendere il patrimonio collettivo, lo hanno invece“regalato” alla speculazione delle multinazionali.
Se nella legislazione italiana “il quadro normativo stabilisce che le risorse idrominerali sono un bene pubblico, fanno parte del patrimonio indisponibile delle regioni e il loro uso deve essere improntato all'interesse pubblico”, non si capisce come sia possibile che in calce alle concessioni “regalate” ad alcuni famosi marchi di acqua minerale figuri la scritta “perpetua”: significa che alcune multinazionali accumulano miliardi vendendo l'acqua di tutti, per sempre, come la San Pellegrino (Nestlé), che fino al 2002 pagava 5 milioni e 270 mila lire all'anno per la concessione; in rapporto, quasi stupiscono i 33 milioni e 464.500 lire (sempre dati 2002) sborsati per imbottigliare la Levissima (ancora Nestlé).

Sempre Nestlè (che vende nel mondo 19 miliardi di litri d’acqua), ha in concessione lo sfruttamento delle fonti di Pejo, in Trentino, da cui estrae e imbottiglia 110 milioni di litri/anno (con un ricavo di circa 35 milioni di euro/anno), e attualmente paga al Comune di Pejo una tassa di concessione di 30.000 euro l’anno.
Oggi, almeno sulla carta, le aziende che sfruttano l’acqua sono soggette a una minima tassa di 0,0005 euro al litro, ma solo sul prodotto imbottigliato; tanto per fare un esempio, in Lombardia (la regione più ricca di fonti e sorgenti) vengono imbottigliati 3 miliardi di litri d’acqua, ma altri 7 miliardi vengono sprecati nelle fasi di lavorazione.

La truffa, però, è ben altra, e sconvolgente: oggi, spesso, nelle bottiglie di plastica in vendita sugli scaffali dei supermercati, o sui tavoli di pizzerie e ristoranti, si trova “acqua microfiltrata”, pagata a prezzo dell’acqua minerale, ma altro non è che acqua del rubinetto, la stessa che esce da quelli delle nostre case, messa in bottiglia e ricostituita con l'aggiunta di anidride carbonica e sali minerali.
Nel mondo, l'azienda leader nella vendita di “acqua del rubinetto” è la Coca Cola , che la imbottiglia soprattutto per i paesi del terzo mondo, privati dell'acqua come bene comune.

Con risvolti curiosi, se non fossero tragici: l'acqua Dasani (Coca-Cola), prelevata dall’acquedotto pubblico della contea di Kent e commercializzata in Gran Bretagna, con un aumento del prezzo di 3.166 volte rispetto al costo di origine, è stata ritirata dal mercato perchè, nonostante uscisse pura dal rubinetto, come certificato da numerose perizie, una volta imbottigliata diventava potenzialmente pericolosa perchè addizionata con una elevata percentuale di bromato, nota sostanza cancerogena.

Campagna nazionale "SALVA L’ACQUA" del Forum Italiano dei Movimenti per l’Acqua
www.acquabenecomune.org

Testo ufficiale del decreto - Parlamento, www.parlamento.it/parlam/leggi/decreti/09135d.htm


[1]Zanotelli: acqua pubblica è agli sgoccioli. Come si privatizza un bene comune”, Corriere del Mezzogiorno 12 novembre 2009
[2] Idem
[3] Idem
[4]Acqua: la privatizzazione non è un diktat europeo”, tratto da Rinascita 10 Novembre 2009, Enea Baldi
[5] Idem

Privatizzazione dell’acqua - di Francesco Gesualdi

Privatizzazione dell’acqua
di Francesco Gesualdi

2 dicembre 2009

Mentre Giulio Tremonti dava lezione all’università di Shangai e stupiva i capi del partito comunista cinese con le sue bordate contro il mercatismo e lo strapotere bancario, a Roma il Parlamento italiano, sotto ricatto dell’ennesima fiducia posta dal governo di cui Tremonti è ministro, approvava il cosiddetto decreto Ronchi che fissa un altro pesante paletto sulla strada della privatizzazione dell’acqua. Un decreto di difficile lettura, zeppo com’è di rimandi a leggi precedenti e di vocaboli astrusi, incomprensibili perfino ai parlamentari che l’hanno votato. L’unica cosa certa gli scopi: da una parte mettere in riga i comuni che si ostinano a gestire l’acqua tramite società a totale capitale proprio, dall’altra assicurare alle imprese private margini d’affari più ampi.

Il tutto tramite due provvedimenti chiave: decadenza al dicembre 2011 di ogni contratto di affidamento stipulato con società formate al 100% da capitale pubblico, a meno che non cedano il 40% del loro capitale; decadimento al dicembre 2012 di ogni contratto di affidamento stipulato con società miste, pubblico-privato, quotate in borsa, a meno che la quota di capitale pubblico non scenda sotto il 30%. “Basta con situazioni in cui ogni comune fa come vuole – sembra dire il decreto – d’ora in avanti tutti devono uniformarsi allo stesso metodo di gestione.” Per la verità i regimi previsti sono due:

1. affidamento dell’acquedotto a una società scelta tramite gara, vince quella che indipendentemente dalla sua formazione del capitale e la sua nazionalità, offre condizioni più vantaggiose;

2. affidamento dell’acquedotto a società di proprietà dei comuni, a condizione che la partecipazione venga allargata a un partner privato scelto tramite gara. Al privato deve essere garantita una quota di partecipazione non inferiore al 40% e l’affidamento dei compiti esecutivi.

Dunque, da un punto di vista strettamente societario, il pubblico non è ancora stato estromesso del tutto, ma da un punto di vista della gestione è stata affermata in via definitiva la logica dell’azienda privata. Quella logica da mercante secondo la quale si vende senza nessuna considerazione sociale e si scarica in tariffa ogni spesa, comprese quelle per investimenti. Tant’è le associazioni dei consumatori hanno subito lanciato l’allarme: col nuovo regime le tariffe aumenteranno mediamente del 30%. Se cresceranno anche in Toscana è difficile dirlo, probabilmente sì, ogni occasione è buona per ritoccare i prezzi. Ma in Toscana il nuovo provvedimento non modifica niente, già da anni l’acqua è gestita secondo i criteri previsti dal decreto Ronchi. Acque Spa, ad esempio, la società che gestisce l’acquedotto dell’ATO 2, area pisana, appartiene per il 55% ai vari comuni del comprensorio e per il 45% ad Abab (Acque Blu Arno Basso) a sua volta partecipata da Acea, GDF Suez, Caltagirone, Monte dei paschi di Siena. Al solito i comuni toscani sono stati i primi della classe in materia di privatizzazione, nonostante il loro colore politico.

Benché il panorama politico non lasci molti spazi all’ottimismo, anche i nostri amministratori locali potrebbero capire che è interesse di tutti fare uscire l’acqua dalla categoria dei beni a rilevanza economica come se fosse un pasticcino o una cravatta. Per questo è necessario tornare all’attacco per richiedere ai nostri comuni di dichiarare l’acqua un bene comune da gestire come diritto. Da cosa nasce cosa, la storia si può cambiare anche a partire dai piccoli passi.

Acqua La Santa alleanza del Nord nella battaglia delle sorgenti - di PAOLO RUMIZ

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Acqua
La Santa alleanza del Nord
nella
battaglia delle sorgenti

di PAOLO RUMIZ

8 dicembre 2009

TREVISO - Blindato "alla fonte" con voto di fiducia, il decreto sulla privatizzazione obbligatoria delle acque italiane è già impantanato in un Mekong di pronunciamenti contrari. E' una guerra che ha il suo epicentro al Nord, perché i più arrabbiati sono gli amministratori della Lega, che non perdonano ai rappresentanti in parlamento di avere votato un provvedimento che toglie loro sovranitàe potere. «L' acqua xe de noaltri», l' acqua è nostra, hanno detto chiaro a Treviso, la provincia di Luca Zaia, ministro dell' agricoltura, la più leghista d' Italia. Ed è successo l'inverosimile: il Pd all' opposizione ha presentato un ordine del giorno che rivendicava l' acqua come diritto (quindi non merce), e la maggioranza lo ha votato in cinque minuti, senza pensarci un attimo.

«Non si è quasi discusso perché l' acqua è anche una matrice identitaria, dunque non si tocca» spiega Marzio Fàvero, assessore alla cultura di una provincia che tra Piave, Brenta, golene, risorgive, marcite, canali e "canalassi" sembra una carta assorbente. A Roma non hanno capito che non si metteva in discussione semplicemente un bene, ma qualcosa di più complesso: un simbolo.

Acqua, terra, sangue: su queste cose la Lega non la governa nessuno. E così ecco il ribaltone delle alleanze, un segnale forte per le elezioni regionali del prossimo anno, dove Lega e Pdl sono già ai ferri corti per la scelta del governatore. «Abbiamo intercettato i malumori dei sindaci e così ci abbiamo provato», fa Lorenzo Biagi dell' Ulivo, primo firmatario del documento. Ed è andata come è andata. Così accade che dal confine francese a quello con la Slovenia il fronte del «no» si rafforza senza riguardo per gli schieramenti. Forte della sua specialità di statuto, la Valle d' Aosta - a due settimane dal voto in parlamento- ha risposto classificando l' acqua nella sua normativa regionale come "bene privo di rilevanza economica", sul quale, di conseguenza, diventa impossibile operare privatizzazioni. Il Trentino ha in canna il proiettile di un ricorso di costituzionalità contro il voto parlamentare; a Bologna la Cgil ha indetto per l' 11 dicembre una manifestazione dove primeggia il tema dell' acqua; a Torino si raccolgono firme per chiedere al Comune di dire "no". A Belluno si raccolgono firme per cambiare gli statuti comunali; e la provincia di Udine, retta dalla Lega, ha dichiarato di opporsi alle multinazionali rivendicando il diritto a servizi gestiti «in loco». Ma il malessere più forte viene dalla Lombardia, dove alla perplessità nei confronti del decreto Ronchi si è aggiunta, pochi giorni fa, la batosta della Corte costituzionale che ha bocciato una legge fortemente voluta dal presidente Formigoni: quella che tentava di affidare ai privati la sola erogazione dell' acqua (leggi i contatori, un' operazione di pura rendita), lasciando alla mano pubblica le rogne e gli oneri, cioè la manutenzione straordinaria e gli indilazionabili investimenti per l' ammodernamento della rete. A Pavia, la provincia-pilota, era già partita la gara il 20 ottobre, ma due giorni fa è arrivata la tegola che ha seminato smarrimento in tutta la regione, ridando fiato al fronte del "No" contro il decreto ministeriale. Gli ambiti territoriali di Cremona, Varese, Como e Lecco, che dovevano mettere in gara le loro reti subito dopo l' esperimento pavese, ora non sanno che pesci pigliare, mentre il servizio acque della Regione guidato da Raffaele Tiscar (ex Lyonnaise des Eaux) insiste perché si parta lo stesso, a prescindere dal "niet" dell' Alta Corte. La partita è grossa, gli appetiti non sono da meno, vista la corposità del business-bollette. Ma ora che la macchina s' è inceppata, i sindaci, inclusi quelli della Lega Nord, chiedono ad alta voce di non svendere le acque lombarde, e il presidente del consiglio regionale Giulio De Capitali del Carroccio, si fa apertamente interprete del loro malumore. La torta che maggiormente ingolosisce è quella delle acque milanesi, divise fra "Amiacque", totalmente pubblica, che cura la rete dell' hinterland, e "Metropolitana Milanese", che governa il Comune capoluogo. Entrambe dovevano iniziare dal primo gennaio un processo di cessione di pacchetti azionari, ma «anche qui cresce la volontà di rivendicare l'acqua come pubblico bene», osserva l'ambientalista Roberto Fumagalli, vicino al "Contratto mondiale per l' acqua". Tanto più che i due enti sono considerati gioielli di efficienza persino dagli occhiuti osservatori di Mediobanca, che in un rapporto ufficiale li hanno classificati ben al di sopra delle Spa quotate in borsa come Hera, Acea, Iride. Fontana - un cognome che pare un programma - è il sindaco di Varese, di nome Attilio, leghista nella terra di Bossi, e ha apertamente manifestato la sua opposizione al decreto Ronchi: «Con la privatizzazione c' è il rischio che il servizio costi di più; e del resto, quando vado in Toscana, dove è già così, non faccio che sentire critiche e lamentele». Ma c' è anche il friulanissimo Fontanini, nome Pietro, altro cognome premonitore, presidente della provincia di Udine, il quale taglia corto affermando che «l'acqua è pubblica per definizione». E anche lì, nella terra che, per le sue precipitazioni abbondanti, è considerata il pisciatoio d' Italia, la Lega rivendica sul tema il più netto autogoverno. La battaglia s'incattivisce, con le Spa in trincea e i movimenti per l' acqua all' assalto, decisi ad andare a referendum popolare - rigorosamente apartitico - con la raccolta di 500 mila firme. Diventa di conseguenza tosto anche il braccio di ferro con gli utenti: in Campania la società "Acqualatina" ha tagliato le forniture alla Sesta flotta della base di Gaeta, che si era trovata di fronte a bollette ritenute eccessive. In Lombardia, la bresciana A2A ha tolto l' acqua a cinque condomini morosi, e da una settimana 150 famiglie devono approvvigionarsi a un pozzo. In questi chiari di luna di alleanze trasversali, il Pd fatalmente si spacca. A Mantova metà del partito (che ha la maggioranza in Comune) ha votato una mozione sull' acqua pubblica presentata da Rifondazione (in minoranza) e l' altra metà si è invece astenuta, per affinità alla linea privatizzatrice di Linda Lanzillotta, che a suo tempo aveva lavorato sulle reti idriche nel governo Prodi. E' guerra aperta fra l' ala "business oriented" e quella che vorrebbe spingere al referendum, con Ermete Realacci, Marina Sereni, Emanuele Fiano e Debora Serracchiani. Che senso ha privatizzare un servizio pubblico che funziona? Se lo chiede Enrico Gherghetta, Pd, presidente della provincia di Gorizia e del suo ambito idrico territoriale comprensivo di 25 Comuni. Rimasto pubblico, eroga acqua giudicata ottima a meno di un euro al metro cubo e contemporaneamente ha fatto partire investimenti per 250 milioni di euro dopo avere ottenuto (caso unico in Italia nel campo dei servizi idrici) finanziamenti della Banca Europea Investimenti a tasso ultra-agevolato, lo 0.48 per cento. «Se a casa mia no son paròn de l' acqua, quela no xe casa mia» scherza Gherghetta, che per il suo servizio non chiede un euro di gettone-presenza. Chiarisce il concetto: «Mentre gli altri si scannano su chi farà da presidente, noi non abbiamo poltrone da difendere; la nostra unica preoccupazione è la qualità». Il suo direttore generale Paolo Lanari: «Vengo dal settore privato, come tutto lo staff, ma posso testimoniare che da nessuna parte sta scritto che il pubblico non debba funzionare. Analogamente da nessuna parte sta scritto che la privatizzazione è il toccasana». Gorizia va bene, costa poco, rende, ha la fiducia delle banche e quella degli utenti. Perché cambiare? A Roma nessuno risponde.