Cochabamba è in provincia di Latina - di Paolo Moscogiuri

Cochabamba è in provincia di Latina

di Paolo Moscogiuri


E’ iniziata in tutta Italia la raccolta di firme per il referendum sull’acqua pubblica, e quindi anche a Pomezia, cittadina dove abito ormai da 26 anni, ubicata a 20 Km da Roma e a 15 Km da Aprilia. Ed è di Aprilia che voglio parlarvi.

Fino a qualche tempo fa, a chi mi chiedeva dove abitavo, rispondevo direttamente Roma, sia per istinto: sono nato a Roma e a Pomezia mi sono trasferito solo per motivi di lavoro, e sia perché da romano verace, mi sembrava altrimenti di rinnegare origini di molte generazioni, almeno da parte di madre. Ma, da qualche tempo, mi sono sorpreso a rispondere: “… Pomezia, a 15 Km da Aprilia”. Non è che da un giorno all’altro abbia perso il mio orgoglio romano, ma è successo un fatto nuovo da molti punti di vista. Aprilia, in un periodo dove l’individualismo tutto italiano impera ovunque, è salita alle cronache mondiali per aver vinto una battaglia importante, grazie alla tenacia e alla solidarietà fra i cittadini. Ha vinto la battaglia sull’acqua, facendo ridiventare pubblico ciò che era stato “donato” ai privati. Ed è la seconda città al mondo a riconquistare questo diritto dopo Cochabamba, in Bolivia.

Settemila persone hanno dimostrato che al di fuori dei partiti, ma uniti dal diritto universale del bene pubblico, si può vincere sul colosso multinazionale della francese Veolia; hanno dimostrato che l’acqua non può essere considerata come una merce, ma fa parte dei bisogni inalienabili del genere umano: aria, acqua, cibo, ed io aggiungo casa, lavoro e sanità.

Tutto questo è stato possibile dopo 5 anni di lotta e dopo che destra e sinistra sono state sconfitte da un gruppo di liste civiche. La votazione del Consiglio Comunale per chiedere indietro gli acquedotti, si è risolta con 22 sì e 4 no, indovinate di chi? Ma è naturale, del Pdl! A Berlusconi non bastano le TV, i giornali, le banche, ecc, ecc, ma ora l’IMPERO vuole l’acqua. Pensate cosa può diventare l’Italia della gestione Pdl-Lega.

Beh, in un’Italia che dorme pesantemente, vincere una battaglia per un diritto fondamentale, indiscutibile, intoccabile e inalienabile, non mi sembra poco. La pesantezza del “sonno” è invece data dal fatto che qualcuno ci sta provando lo stesso a toccare un bene così essenziale alla vita umana, come l’aria o il sangue che ci scorre nelle vene, e le persone glielo lasciano fare. Ma forse dire che ci siamo tutti addormentati è un eufemismo non proprio calzante e per certi versi semplicistico, perché chi dorme non si informa e non risponde, e invece tutti noi sentiamo almeno i telegiornali e leggiamo i giornali (chi più e chi meno), ma reagiamo come sotto l’effetto di un fungo allucinogeno. Quando sentiamo la frase: “privatizzazione dell’acqua”, sentiamo rimbombare nel cervello lo scroscio di cascate tiepide che emanano dolci vapori profumati e ci sentiamo coccolati e protetti da chi “pensa per noi”, e si preoccupa di fornirci quel bene essenziale lasciandoci godere nel vapore rilassante della cascata paradisiaca. Il fungo allucinogeno si chiama “Capitalismo” e si divide in specie più o meno tossiche, come “Privatizzazione”, “Mutinazionale”, “Conflitto di interessi”, “Mercificazione”, “Consumismo”… e i suoi pusher sono la Stampa e l’Informazione controllata e bugiarda, la Pubblicità selvaggia che non informa sui prodotti che dovrebbe vendere, ma li grida e li presenta come panacea alle frustrazioni che inietta ai suoi “sudditi”, lo Spettacolo degradato e degradante che “somministra” stili di vita irraggiungibili e privi di valori morali.

Per tutto questo, la città di Aprilia può rappresentare il primo sintomo di quel risveglio tanto auspicato ad una nazione ormai narcotizzata. Certo si dovrà passare in quella fase tanto dolorosa che è la “crisi d’astinenza”, ma pur necessaria se vogliamo di nuovo saper distinguere i valori della solidarietà da quelli dell’egoismo, della collettività da quelli dell’individualismo, del rispetto da quelli della sopraffazione.


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Di Pietro e il pelo nell'acqua - Ida Rotano


Di Pietro e il pelo nell'acqua
di Ida Rotano

08 aprile 2010

Lo scorso 31 marzo 2010, il Forum italiano dei Movimenti per l'Acqua (che, già nel 2007, presentò una proposta di legge d'iniziativa popolare, sottoscritta da 400 mila cittadini, per la ripubblicizzazione dell'oro blu) ha depositato a Roma, presso la Corte di Cassazione, i tre quesiti referendari preparati dai giuristi Alberto Lucarelli, Gaetano Azzariti, Gianni Ferrara, Stefano Rodotà, Ugo Mattei, Luca Nivarra. La raccolta delle firme partirà già nei prossimi giorni.
Il primo chiede l'abrogazione dell'articolo 23 bis della legge 133 del 2008, cioè l'architrave su cui poggia la privatizzazione dei servizi pubblici (acqua, rifiuti, trasporto pubblico).

Il secondo propone la cancellazione dell'articolo 150 del decreto 152 del 2006 (o codice ambientale) che individua le forme di gestione e affidamento del servizio idrico.
Il terzo, più specifico, vuole invece l'abrogazione dell'articolo 154 del già citato decreto 152, nella parte in cui parla "dell'adeguatezza della remunerazione del capitale investito" nella determinazione del sistema tariffario.

Oggi, ci troviamo quindi di fronte ad una situazione surreale e paradossale con due campagne di firme parallele sullo stesso tema.
E' il triste epilogo delle divisioni che hanno caratterizzato nell'ultimo mese il lavoro del Forum italiano dei Movimenti per l'Acqua. E' l'altra faccia della politica, la faccia mai ufficializzata ma spesso preminente, che porta i partiti a cercare di "cavalcare" i movimenti e a muoversi solo in cambio di una visibilità assoluta e di un consenso sia pure a corto raggio.

E' di qualche settimana fa la grande manifestazione di piazza del Popolo a Roma, partecipata da 200.000 persone, a rappresentare il mondo cattolico e religioso, l'associazionismo sociale, la cooperazione, il sindacato, il popolo viola e altri ancora. Un mondo variegato di cittadini che si ritrovano tutti insieme a difendere un bene primario.

Un mondo che ha bisogno di rafforzare la sua unità e di allargare la partecipazione per vincere una battaglia difficile. L'ex pm si era speso in prima persona per quella mobilitazione, poi, all'improvviso, la sua "ritirata". Alcune voci raccontano di un'ultima riunione "di fuoco", durante la quale il leader dell'IdV avrebbe battuto i pugni sul tavolo, ricordando l'investimento economico fornito dall sua organizzazione e pretendendo la visibilità sul palco. Palco che i movimenti non erano disposti a tramutare in una vetrina per i partiti. Rigettata al mittente la sua richiesta, Antonio Di Pietro non solo ha boicottato la piazza ma ha forse deciso di fare di più, depositando quesiti alternativi per referendum che, a questo punto, difficilmente arriveranno al quorum.

"Cosa non si fa per ottenere un po' di consenso. Di Pietro è disposto anche a perdere battaglie fondamentali come quelle su acqua e nucleare pur di accreditarsi agli occhi dell'opinione pubblica come paladino di questi temi. L'Idv, rompendo il fronte con tutte le associazioni, sta facendo un regalo a Berlusconi". Così Ciro Pesacane, presidente del Forum Ambientalista, commenta la consegna in Cassazione dei quesiti referendari su acqua e nucleare depositati dall'Idv.

"E' surreale, adesso avremo due campagne referendarie contro la privatizzazione dell'acqua: una di noi associazioni che da sempre ci battiamo in difesa dell'oro blu e che abbiamo consegnato i requisiti in Cassazione lo scorso 31 marzo ed, ora, una dell'Idv - aggiunge Pesacane - Mi complimento con Di Pietro che è riuscito a rompere il fronte unitario, depotenziando così lo strumento referendario. Se non raggiungeremo il quorum sappiamo già con chi prendercela!".
"Stessa storia sul nucleare - spiega l'ambientalista - l'Idv ha agito unilateralmente rompendo un fronte molto ampio".

"A questo punto - conclude - l'auspicio è che Di Pietro capisca l'errore fatto e che ritiri i suoi referendum. Per non dimostrarsi amico di Berlusconi e soprattutto nemico delle battaglie ambientaliste su acqua e nucleare".

Per il Verde Angelo Bonelli, quella di Di Pietro, che durante il governo Prodi ha votato per la privatizzazione dell'acqua, "è una forma di cannibalismo dell'ambientalismo e dei movimenti" che si stanno battendo per l'acqua pubblica. E' "ormai chiaro che la decisione dell'Idv di presentare da sola i referendum ha solo un carattere di mera e semplice strumentalità politica per crearsi solo un consenso nell'immediato senza preoccuparsi minimamente di vincere la battaglia referendaria. Grazie a questa scelta irresponsabile coloro che hanno voluto la privatizzazione dell'acqua e che vogliono le centrali nucleari potranno brindare".

Per quanto riguarda il nucleare vale lo stesso ragionamento. Il referendum sul nucleare fu vinto nel 1987 grazie ad un ampio fronte che andava dal Pci ai Verdi, ai Radicali al sindacato e a tante realtà associative. Oggi, partiti, associazioni e comitati erano all'opera per ricostituire quel clima. Un invito rivolto anche all'Idv, perché non superare il quorum oggi significherebbe spianare la strada definitivamente al nucleare.

"Con la presentazione unilaterale dei quesiti su acqua e nucleare avvenuta oggi, Antonio Di Pietro fa una scelta strumentale, che specula impropriamente sui movimenti, scippando loro la titolarità della battaglia, e divide lo schieramento referendario a fini di pura propaganda politica". Questo il duro giudizio del portavoce nazionale della Federazione della Sinistra, Paolo Ferrero.

"Come sul legittimo impedimento, Di Pietro brandisce i referendum con assoluta leggerezza come puro strumento di propaganda politica - osserva Ferrero -. La presentazione di altri quesiti sull'acqua si muove infatti in aperto contrasto con il movimento per l'acqua pubblica, che ha già presentato i propri quesiti e sta iniziando la racconta di firme, scippando loro la bandiera della campagna referendaria per bassi interessi di propaganda politica". Al contrario, secondo Ferrero, "l'impegno di tutte le forze, politiche, sociali e associative, è quello di dar forza al movimento e di partecipare con spirito e impegno unitario alla mobilitazione: non solo al fine di raggiungere l'obiettivo prioritario delle firme necessarie al referendum, ma per far crescere insieme la coscienza civile e politica unitaria".

Di Pietro, "con il suo comportamento unilaterale, non solo mette a rischio l'obiettivo della raccolta di firme, ma fa una vera e propria speculazione con l'esclusivo interesse di fare propaganda a scapito del movimento, del suo protagonismo e della sua unità". Lo stesso, conclude Ferrero, "avviene sul tema del nucleare, rispetto a cui un vasto arco di forze si è impegnato a realizzare una battaglia comune, che Di Pietro non ha remore a scippare".

In queste ore sono tanti gli appelli a Tonino di "ripensarci" e fare un passo indietro. Perché i referendum non si vincono con i personalismi. Nel momento in cui Di Pietro vorrà procedere senza ascoltare ragione, finiremmo per pensare che gli interessi siano altri, e di ciò Berlusconi sarà profondamente grato.

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Il 24 Aprile parte in tutta Italia la raccolta firme



Tre referendum per l'acqua pubblica

Il 24 Aprile parte in tutta Italia la raccolta firme


nasoneIl Forum Italiano dei Movimenti per l’Acqua, costituito da centinaia di comitati territoriali che si oppongono alla privatizzazione, insieme a numerose realtà sociali e culturali ha deciso di promuovere 3 quesiti referendari, depositati presso la Corte di Cassazione di Roma mercoledì 31 marzo 2010. Sosterranno tale iniziativa anche diverse forze politiche.

A partire dal sabato 24 aprile inizieremo la raccolta delle firme, in tre mesi dovremo arrivare almeno a quota 500.000 per poter richiedere i referendum. I banchetti per la raccolta delle firme saranno allestiti su tutto il territorio nazionale.

I tre quesiti vogliono abrogare la vergognosa legge approvata dall’attuale governo lnel novembre 2009 e le norme approvate da altri governi in passato che andavano nella stessa direzione, quella di considerare l’acqua una merce e la sua gestione finalizzata a produrre profitti.

Dal punto di vista normativo, l’approvazione dei tre quesiti rimanderà, per l’affidamento del servizio idrico integrato, al vigente art. 114 del Decreto Legislativo n. 267/2000.

Tale articolo prevede il ricorso alle aziende speciali o, in ogni caso, ad enti di diritto pubblico che qualificano il servizio idrico come strutturalmente e funzionalmente “privo di rilevanza economica”, servizio di interesse generale e privo di profitti nella sua erogazione.

Verrebbero poste le premesse migliori per l’approvazione della legge d’iniziativa popolare, già consegnata al Parlamento nel 2007 dal Forum italiano dei movimenti per l’acqua, corredata da oltre 400.000 firme di cittadini. E si riaprirebbe sui territori la discussione e il confronto sulla rifondazione di un nuovo modello di pubblico, che può definirsi tale solo se costruito sulla democrazia partecipativa, il controllo democratico e la partecipazione diretta dei lavoratori, dei cittadini e delle comunità locali.


Vogliamo togliere l’acqua dal mercato e i profitti dall’acqua.

Vogliamo restituire questo bene comune alla gestione condivisa dei territori.

Per garantirne l’accesso a tutte e tutti. Per tutelarlo come bene collettivo.

Per conservarlo per le future generazioni.

Perchè tre referendum sull’acqua

Il costituendo Comitato Promotore

I referenti territoriali della campagna referendaria

I materiali per la raccolta firme

Leggi la relazione introduttiva e i tre quesiti referendari

Perché si scrive acqua ma si legge democrazia

GOCCE DI DEMOCRAZIA. PARTE LA CAMPAGNA REFERENDARIA PER L’ACQUA PUBBLICA


GOCCE DI DEMOCRAZIA.
PARTE LA CAMPAGNA REFERENDARIA
PER L’ACQUA PUBBLICA



Una “partita” ancora tutta da giocare, una sfida culturale e politica che vede in ballo la stessa democrazia e il cui esito è nelle mani di tutti i cittadini e le cittadine di questo Paese. È alta la posta in gioco della campagna referendaria contro la privatizzazione dell’acqua promossa dal Forum Italiano Movimenti per l’Acqua (in collaborazione con molteplici altre realtà, tra cui le Acli, Beati i Costruttori di Pace, Libera, Pax Christi, Rete Radié Resch, Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia), e presentata a Roma il 31 marzo scorso da Marco Bersani, rappresentante del Forum, p. Alex Zanotelli e dai costituzionalisti Stefano Rodotà e Gianni Ferrara.

Dopo la manifestazione del 20 marzo scorso a Roma, alla quale hanno partecipato circa 200mila persone, il Coordinamento ha depositato in Cassazione tre quesiti referendari che mirano a modificare le attuali norme in materia di servizio idrico, approvate con il decreto Ronchi del novembre scorso (v. Adista n. 117/09) e, prima, dal governo Prodi: a partire dal fine settimana del 24 e 25 aprile comincerà la raccolta firme necessaria all’indizione del referendum, previsto per l’anno venturo. “Se il governo Berlusconi si era illuso, con l’approvazione del decreto Ronchi, di aver chiuso definitivamente la partita sull’acqua con la sua consegna al mercato e alle grandi multinazionali, sarà costretto a ricredersi”, ha dichiarato Marco Bersani in conferenza stampa: “La partita, come dimostra la manifestazione nazionale del 20 marzo, non solo è aperta, ma è stata presa in mano da centinaia di migliaia di donne e uomini consapevoli della posta in gioco”. I movimenti per l’acqua, secondo Bersani, hanno già vinto culturalmente: “Chi oggi privatizza non lo fa più alla luce del sole”, al contrario, “è costretto a negare l’evidenza, a trincerarsi dietro farsesche motivazioni sulla garanzia dell’acqua pubblica e sulla privatizzazione solo della sua gestione”.

Una vittoria che però da culturale deve diventare anche politica. Così, dopo aver presentato già nel 2007 una proposta di legge di iniziativa popolare per la ripubblicizzazione dell’acqua - che, denuncia Bersani, “giace nei cassetti della Commissione parlamentare cui è stata assegnata” -, il Forum ha deciso di avviare questa campagna referendaria per “far uscire l’acqua dal mercato e togliere i profitti dall’acqua”.

Il primo quesito mira ad abrogare l'art 23 bis della legge 133/2008 che stabilisce come modalità ordinarie di gestione del servizio idrico (ma più in generale dei servizi pubblici) l’affidamento a soggetti privati attraverso gara o l’affidamento a società a capitale misto pubblico-privato, all’interno delle quali il privato sia stato scelto attraverso gara e detenga almeno il 40%.

Il secondo quesito intende abrogare l'art. 150 del decreto legislativo 152/2006, che prevede come uniche forme societarie possibili per l’affidamento del servizio idrico integrato, le Società per Azioni, che possono essere a capitale totalmente privato, a capitale misto pubblico privato o a capitale interamente pubblico. Obiettivi di questo secondo quesito sono due: “Il primo - come spiegano dal Forum - è quello di qualificare più compiutamente il percorso referendario come relativo al tema dell’acqua (l’art 23 bis, oggetto del primo quesito, non riguarda infatti il solo settore idrico). Il secondo è relativo alla necessità di intervenire sul problema della gestione diretta del servizio idrico, attraverso forme societarie che siano idonee a svolgere una funzione sociale e di preminente interesse generale. Da questo punto di vista, la mera abrogazione dell’art. 23 bis, lascerebbe immutato il panorama di affidamento, oggi interamente coperto da SpA, ovvero da società di tipo privatistico (anche quando a totale capitale pubblico)”.

Il terzo quesito si propone infine di abrogare l’art. 154 del decreto legislativo n. 152/2006 (c.d. Codice dell’Ambiente), limitatamente a quella parte del comma 1 che dispone che la tariffa costituisce il corrispettivo del servizio idrico integrato ed è determinata tenendo conto dell’adeguata remunerazione del capitale investito: “La norma che si vorrebbe abrogare - sottolinea il Forum - è quella che consente al gestore di fare profitti sulla tariffa, caricando sulla bolletta dei cittadini un 7% a remunerazione del capitale investito, senza alcun collegamento a qualsiasi logica di reinvestimento per il miglioramento qualitativo del servizio. Con un effetto per i cittadini di doppia vessazione, poiché da una parte viene mercificato il bene comune acqua, dall’altra gli utenti vengono obbligati a garantire il profitto al soggetto gestore”.

“Su questo percorso - ha sottolineato ancora Bersani - abbiamo incontrato tutta la cittadinanza attiva di questo Paese: dal mondo cattolico alle associazioni ambientaliste, dal mondo sindacale alle forze politiche” (anche se a pochi giorni dalla presentazione della campagna, l’Italia dei Valori ha fatto sapere di voler promuovere, con un’azione autonoma e solitaria, una serie di referendum, tra i quali uno sull’acqua, e il suo leader, Antonio Di Pietro, ha rifiutato l’invito a incontrarsi rivoltogli dal Forum): “Sarà un grande percorso di sensibilizzazione sociale e mobilitazione diffusa. Una grande sfida per la riappropriazione dell’acqua e della democrazia”.

In chiusura di conferenza stampa, p. Zanotelli ha efficacemente sintetizzato la questione: “L’acqua è fonte di vita e privatizzarla sarebbe come privatizzare la propria madre: lo fareste mai?”.

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L’acqua non si vende. Il 24 e 25 aprile partono i referendum per l’acqua pubblica.



L’acqua non si vende. Il 24 e
25 aprile partono i referendum per l’acqua pubblica


La raccolta delle firme sarà un grande momento di azione politica collettiva

Depositati in Cassazione i quesiti referendari per l’acqua pubblica

Sono stati depositati stamattina presso la Corte di Cassazione di Roma i quesiti per i tre referendum che chiedono l’abrogazione di tutte le norme che hanno aperto le porte della gestione dell’acqua ai privati e fatto della risorsa bene comune per eccellenza una merce.


La raccolta delle 500 mila firme necessarie per l’ammissione dei referendum inizierà nel fine settimana del 24-25 aprile, una data simbolo per quella che il Forum dei Movimenti per l’Acqua intende come la Liberazione dell’acqua dalle logiche di profitto.

“Se il governo crede di aver chiuso la partita dovrà ricredersi, – ha detto Marco Bersani dei Forum Movimenti per l’Acqua durante l’affollata conferenza stampa – la coalizione che appoggia i referendum è la più ampia aggregazione formale di movimenti, associazioni laiche e cattoliche, forze politiche e sindacali che si sia mai riunita intorno a un tema simile. Queste forze ci porteranno a raccogliere le firme, approvare i referendum e votare tre sì per l’acqua pubblica”.

Presenti alla conferenza stampa anche Padre Alex Zanotelli e tre dei costituzionalisti che hanno redatto i quesiti referendari: Stefano Rodotà, Gianni Ferrara e Alberto Lucarelli.

“Il mezzo referendario – ha sottolineato Rodotà – è lo strumento per rimettere in moto la politica in questo periodo di grande disaffezione, la raccolta delle firme sarà un grande momento di azione politica collettiva”.

Secondo Alex Zanotelli chi pagherebbe di più dalla privatizzazione dell’acqua sarebbero i poveri, “la nostra vittoria servirà non solo nel panorama italiano ma darà anche una scossa all’Unione Europea. Se Parigi ha ripubblicizzato l’acqua, se nelle Costituzioni di Bolivia e Uruguay l’acqua è definito bene comune non mercificabile, possiamo farcela anche noi”.

A chi chiedeva una risposta al Ministro Ronchi che più volte, anche in questi giorni, ha screditato i promotori dei referendum accusandoli di veicolare messaggi menzogneri sulla sua legge, Marco Bersani ha risposto con una sfida al Ministro: “Scelga lui il luogo e l’ora, noi siamo disponibili ad un confronto, dati alla mano, sugli effetti della suo decreto e dell’apertura ai privati della gestione dell’acqua nel nostro paese”.

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