Acqua pubblica si o no? - LEGAMBIENTE LOMBARDIA

Acqua pubblica si o no?

Vi avevamo già parlato della proposta di Acquabenecomune per il no alla privatizzazione dell'acqua.
Veniamo ora a conoscenza della posizione di Legambiente, che non farà parte del comitato promotore del progetto di legge di iniziativa popolare.
Questo perchè, "pur sentendosi parte del movimento di attenzione al tema, ritiene necessaria e urgente, in questo campo, una innovazione che si traduca in maggior efficacia, minori sprechi, miglior gestione della risorsa idrica, evitando di ripercorrere una strada, quella della privatizzazione della gestione dei servizi di erogazione idrica, che nell'esperienza italiana si è rivelata una risposta sbagliata al problema".
Su continua il testo integrale del comunicato che ci è arrivato via email. Voi cosa ne pensate?



LEGAMBIENTE LOMBARDIA
'Ripubblicizzare' l'acqua?

Questioni di priorità!

Se da un lato fa piacere vedere come, attorno ad una risorsa scarsa (l'acqua dolce) si aggreghi una così ampia espressione di cittadinanze e sensibilità – dall'Arci al WWF, dai Cobas alle Acli, a qualche circolo Legambiente – dall'altro corre l'obbligo di andare a leggere la proposta e di spenderci qualche riflessione.
La proposta di legge comprende stimoli condivisibili, accanto a elementi più connotati ideologicamente, che non sempre aiutano a muoversi all'interno di una materia complessa che richiede qualche dose di laicità.
Tanto per iniziare, il problema dell'accesso all'acqua in Italia e in gran parte del mondo occidentale si pone con modalità fortemente diverse rispetto ai paesi dell'America Latina e del continente africano. Usare l'argomento dell'aumento delle tariffe d'accesso all'acqua come elemento di esclusione di una parte della popolazione suona un tantino populistico in Italia (mentre è una questione molto seria e grave in molti luoghi del mondo). Da noi le tariffe per l'accesso all'acqua potabile sono ridicolmente basse, una famiglia media spende per l'accesso 'ad libitum' all'acqua potabile, per tutti i suoi usi, meno di un terzo della spesa media in acqua minerale: questo è il vero scandalo. Se negli ultimi anni sono state introdotte innovazioni significative (l'integrazione del ciclo idrico dal prelievo allo scarico, che ha portato giustamente ad includere nella tariffa d'uso anche i costi di depurazione), ciò non toglie che oggi le tariffe coprono solo in parte i costi di 'produzione' dell'acqua, rimanendo infatti esclusa la enorme voce di costo che si riferisce alla gestione e al risanamento dei bacini idrografici (i costi per la sicurezza delle fonti idriche, che comprendono le bonifiche dei suoli contaminati, le azioni contro l'inquinamento da nitrati e almeno una quota parte delle misure di buona programmazione territoriale), che resta tutta a carico della fiscalità generale. Inoltre le prestazioni depurative degli impianti di trattamento degli scarichi sono inadeguate, occorrono investimenti per l'efficientizzazione delle reti di fornitura e di evacuazione, per il risparmio di acque pregiate (doppie reti di fornitura), per la miglior gestione delle acque di scarico che evitino, ad esempio, di inviare a depurazione le acque di pioggia che troverebbero recapito ideale nel suolo. Insomma, se volessimo davvero che la gestione delle acque destinate ad usi civili facesse il tanto auspicato 'salto di qualità', sarebbe davvero inevitabile ripensare il sistema delle tariffe, introducendovi una tassazione di scopo, modulabile in funzione di una politica di riduzione degli sprechi. Le tariffe aumenterebbero, in cambio di un miglioramento della sicurezza, della continuità e della qualità degli approvvigionamenti tale da rendere il ricorso all'acqua in bottiglia un consumo superfluo (come in gran parte d'Italia è già oggi), e consentendo quindi ai bilanci delle famiglie di alleggerirsi in modo sensibile. Sul fronte delle tariffe, il PdL contiene alcuni spunti positivi (ad esempio la fornitura a titolo di servizio gratuito di un 'minimo vitale' quale diritto di cittadinanza, oppure l'obbligo di una contabilizzazione dei consumi per singola utenza, anzichè, come avviene oggi, per interi condomini, che ovviamente non incentiva le scelte individuali di risparmio), ma altri aspetti ben più sostanziali non vi trovano riscontro.
Anche parlare di ripubblicizzazione in Italia è sicuramente opportuno, ma non per ragioni di principio. In Italia il quadro legislativo sull'acqua è estremamente esplicito sul fatto che essa è un bene pubblico e rigorosamente sottoposto a controllo pubblico. Questo è il cardine della legge 'Galli', che noi abbiamo sostenuto come una delle migliori del nostro ordinamento, principio che l'attuale processo di riforma non intacca. Il nostro quadro legislativo sulle acque, con legge Galli e legge 183/89, è uno dei più avanzati e garantisti d'Europa (per molti aspetti più avanzato persino della direttiva quadro 2000/60), e quindi non sono giustificate ansie sul versante della proprietà dell'acqua: altre sono le priorità. La gestione del servizio idrico, che in diversi casi è passata a società miste o - raramente - private, non è mai stata messa in condizione di scalfire i principi della proprietà e del controllo pubblico dell'acqua. Il passaggio a società di diritto privato della gestione idrica è stato voluto e previsto per tentare di ridurre le disfunzioni e le inefficienze, sulla base di un principio di sussidiarietà. Purtroppo oggi possiamo dire che questo processo non ha prodotto i risultati attesi, è giusto rimetterlo in discussione, ma per sperimentare una modalità più efficace, non per ragioni ideologiche.
Infine, sul fronte più propriamente ambientalista, portare tutta l'attenzione dei movimenti sul tema dell'acqua potabile, nella situazione italiana, rischia di essere una eccessiva leggerezza. L'acqua potabile è una quota minima dell'acqua che viene captata e utilizzata a scopi industriali e - soprattutto - agricoli: dal punto di vista ambientale la vera priorità non è la gestione dell'acqua potabile, ma nuove regole per un settore, quello dell'irrigazione e degli usi energetici, che consuma a seconda delle regioni dal 70 al 90% dei prelievi idrici, gestendoli di fatto privatisticamente secondo le esigenze di specifici gruppi di interesse, per quanto allargati. Sono questi utilizzatori che mandano a secco i fiumi (come è successo la scorsa estate per Ticino e Po), non certo gli acquedotti!
Questi temi non sono affatto nuovi nella discussione all'interno di Legambiente. Alla vigilia delle ultime elezioni politiche, ad esempio, scrivemmo che "nel settore dell'acqua, pur in presenza di una buona legge che, mentre sanciva solennemente il carattere di bene pubblico delle risorse idriche, rendeva possibile attribuire al privato a gara la gestione del servizio, i risultati dell'apertura ai privati non sono stati certo positivi; fallimento dei pochi casi di privatizzazione concretamente
realizzati, assenza di soggetti privati nazionali credibili, inerzia delle pubbliche amministrazioni interessate a mantenere lo status quo: tutto ciò ha contribuito allo stallo della legge del '94, mentre nel contempo aumentavano le tariffe senza che migliorasse il servizio. Mentre ribadiamo che la privatizzazione dei servizi di fornitura dei beni comuni, e in particolare dell'acqua, è una via inaccettabile su scala globale, se applicata a Paesi dove il problema è garantire a tutti acqua potabile e sufficiente e dove mancano sistemi di controllo democratico consolidati e trasparenti, nel caso dell'Italia osserviamo che la memoria degli aspetti fortemente negativi che caratterizzavano la precedente situazione di gestione pubblica di energia e acqua rende improponibile una
ripubblicizzazione tout court per la gestione di questi settori. Di più, riteniamo che concentrarsi unicamente sul problema degli assetti societari trascuri il nodo centrale dell'uso razionale delle risorse - tra i problemi più vistosi lo spreco di risorse idriche in settori come l'agricoltura – e della lotta alle varie forme di inquinamento. D'altra parte è del pari inevitabile la riflessione critica sui provvedimenti di privatizzazione adottati, alla luce della esperienza di questi anni."
Salutiamo come benefica la discussione sui temi dell'accesso all'acqua, e siamo fortemente motivati ad interloquire con questo movimento, perchè le questioni che pone alla scala globale sono emergenze serie e attengono ai temi dei diritti di cittadinanza per molti abitanti delle aree meno fortunate del pianeta. Ma pensiamo che gli assetti societari dei soggetti gestori del servizio idropotabile non rappresentino in Italia una questione che motivi una battaglia civile, ma un percorso di riforma e miglioramento della gestione del ciclo idrico
Per questa ragione Legambiente non fa parte del comitato promotore del progetto di legge di iniziativa popolare, pur sentendosi parte del movimento di attenzione al tema, poiché riteniamo necessaria e urgente, in questo campo, una innovazione che si traduca in maggior efficacia, minori sprechi, miglior gestione della risorsa idrica, evitando di ripercorrere una strada, quella della privatizzazione della gestione dei servizi di erogazione idrica, che nell'esperienza italiana si è rivelata una risposta sbagliata al problema.

Le calende greche del governo sull'acqua

Fonte

l'opinione

Le calende greche del governo sull'acqua
Riccardo Petrella (Associazione AcquaPubblica)

19 gennaio 2007

La problematica dell'acqua, in particolare la «gestione» dei servizi idrici, è stata oggetto di un preciso impegno elettorale preso dai partiti dell'Unione in favore dell'esclusione della privatizzazione dell'acqua dal programma di governo. E' noto che l'eccezionalità del trattamento riservato al settore dell'acqua rispetto a tutti gli altri servizi pubblici locali è il risultato di un serrato confronto politico fra i partiti dell'Unione tanto che il mancato accordo sull'eccezionalità avrebbe rischiato di far saltare il patto elettorale di governo. Il governo Prodi ha così riconosciuto che «la proprietà e la gestione dei servizi idrici sono pubbliche», cioè non appropriabili né gestibili da soggetti privati, in totalità o parzialmente.
La legge finanziaria ha profondamente deluso i membri di AcquaPubblica (associazione creata nel 2006 per iniziativa di una serie di imprese «pubbliche» di gestione del servizio idrico integrato) perché nessuna misura specifica è stata presa a supporto delle aziende pubbliche che hanno dimostrato di saper gestire con efficienza e qualità il servizio loro affidato, e sono numerose anche in Italia. Ci si aspettava, pertanto, che al «seminario» di Caserta, nel cui ordine del giorno figurava la tematica dei servizi pubblici locali, il governo avesse preso le misure efficaci per concretizzare, al di là delle incertezze e ambiguità tuttora esistenti sul piano legislativo e amministrativo su cosa debba intendersi per «gestione pubblica», l'impegno della non privatizzazione del settore idrico. Niente affatto. Non se n'è parlato, forse anche perché la parola d'ordine è stata quella di non sollevare temi ancora fonte di dissensi. Così facendo, però, le porte restano aperte all'evoluzione oggi sottile ma potente verso la privatizzazione reale dei servizi idrici. Caserta non ha arrestato il sentimento diffuso di assistere a una «in-voluzione gentile» che sta portando, in Italia, verso la fine dei servizi pubblici e alla conseguente mercificazione della vita e del vivere insieme.
Il governo Prodi non può più rimandare alle calende greche la realizzazione di due impegni strettamente collegati: primo, fare del risanamento del territorio italiano (il Bel paese!), spappolato da un generale dissesto idrogeologico, una priorità principale della legislatura. L'attenzione data a Caserta all'esigenza della promozione delle energie alternative è un fatto positivo.
Lo sarà ancora di più se non si resterà allo stadio delle affermazioni retoriche destinate a provare un miglioramento nella capacità del governo di comunicare con il popolo italiano; secondo, emanare con urgenza una nuova legge quadro nazionale sull'acqua che ponga rimedio, tra tante altre disfunzionalità, alla deriva legislativa in atto che sta creando, come il caso della Lombardia, situazioni regionali difformi dall'orientamento di principio adottato dal programma di governo e contrari, persino, ai dettami costituzionali.
La nuova legge quadro nazionale, che dovrebbe risultare dall'adozione dell'attuale proposta di legge d'iniziativa popolare per la ripubblicizzazione dell'acqua, la cui raccolta delle firme inizierà formalmente in tutta Italia sabato 13 gennaio, dovrebbe essere ispirata ai seguenti principi:
1. il riconoscimento del diritto all'acqua per la vita (50 litri per persona al giorno) da garantire con il ricorso al finanziamento dei costi relativi tramite la fiscalità generale e l'allocazione dei ricavi provenienti dalle tariffe progressive per le fasce di utilizzo più elevate;
2. la salvaguardia del bene comune acqua, patrimonio dell'umanità, attraverso un uso fondato sulla sostenibilità e sul risparmio, nel rispetto anche dei diritti alla vita delle generazioni future;
3. il riconoscimento dei servizi idrici come servizi pubblici, espressione fondamentale della ricchezza collettiva e del benessere comune, la cui «gestione» deve essere realizzata nel rispetto dei principi di universalità, uguaglianza, continuità, giustizia, trasparenza, democrazia e efficacia;
4. la «gestione» pubblica dei servizi idrici tramite società di diritto pubblico incentivando, a tal fine, anche forme di trasferimento della proprietà delle reti da parte degli enti locali a soggetti interamente partecipati dai medesimi;
5. l'estensione delle competenze delle AATO (Autorità ambito territoriale ottimale) alle acque di tutto il territorio dei bacini coperti dall'ambito territoriale ottimale, introducendo, laddove necessario, l'obbligo dell'adozione del bacino idrico;
6. il principio «chi inquina paga» deve essere sostituito dal principio «chi inquina non può» a partire da livelli eccessivi di consumo e d'inquinamento inaccettabili perché insostenibili;
7. l'adozione, al di là della retorica tuttora predominante, di modalità efficaci di coinvolgimento reale dei cittadini al governo della politica idrica , locale e nazionale;
8. l'introduzione di una norma che favorisca la ripubblicizzazione delle gestioni privatizzate, identificando le modalità, la tempistica e le risorse finanziarie adeguate;
9. la devoluzione, su decisione delle AATO, di una quota della tariffa per il finanziamento di progetti di cooperazione decentrata con i paesi poveri ed a forte penuria d'acqua;
10. la costituzione di una «autorità nazionale per le risorse idriche», rievocazione dell'istituto del «console per l'acqua» che nell'antica Roma rappresentava una delle massime autorità della res pubblica.
Infine, la configurazione politica e culturale dell'attuale compagine governativa consente di credere che oggi in Europa il governo Prodi sia il governo meglio posizionato per prendere un'iniziativa politico-diplomatica internazionale forte in favore del formale riconoscimento mondiale nel 2008 del diritto umano all'acqua per tutti in occasione del sessantesimo anniversario della Dichiarazione universale dei diritti umani delle Nazioni unite. Il 2008 è alle porte.
Perdere una opportunità così importante non farà certo onore ai portatori di quei valori umanisti che le componenti dell'attuale governo amano proclamare a ogni pié sospinto.

Nairobi, l'acqua è bene comune


SPECIALE

Nairobi, l'acqua è bene comune
Al Wsf la parola è a chi difende questa risorsa. Il primo passo: costituire una rete di movimenti africani contro la privatizzazione dell'oro blu

Agnoletto: «Qui liberismo feroce» L'allarme della Caritas
SPECIALE NAIROBI
Le FOTO


«Il diritto alla vita non può essere affidato all’interesse delle multinazionali, questo vale anche per la promozione della democrazia e per la salvaguardia della giustizia sociale». È una dichiarazione emersa dai due seminari organizzati dal Comitato Italiano per il Contratto mondiale dell’acqua e dalle altre organizzazioni promotrici dell’AMECE nel pomeriggio di Lunedì 22 gennaio. A Nairobi è stato ripetuto con vigore che il destino dell’Africa in particolare non può dipendere dai proprietari del capitale finanziario mondiale. L’acqua è un tema centrale anche a Nairobi: non a caso quando si pensa che su 1,2 miliardi di persone che ufficialmente non hanno accesso all’acqua potabile più di 400 milioni sono africane.
Nel corso dei seminari, organizzati dal Comitato italiano, sono stati raggiunti alcuni importanti risultati. In primo luogo la costituzione di una rete di movimenti africani contro la privatizzazione e la mercificazione dell’acqua, Rete che parteciperà attivamente, all’Assemblea mondiale degli eletti e dei cittadini per l’acqua di Bruxelles, che si svolgerà dal 18 al 20 marzo. Ma assunzione di impegni politici, di rilevanza strategica, sono stati annunciate anche da parte delle numerose organizzazioni e Ong presenti al Fsm di Nairobi. È stata raccolta la sfida del governo pubblico e democratico dell’acqua a partire dal coinvolgimento e la partecipazione delle comunità locali, attraverso una mobilitazione politica attorno a tre appuntamenti : il 18-20 marzo 2007 a Bruxelles, sede del Parlamento europeo, l’Assemblea Mondiale degli Eletti e dei Cittadini per l’Acqua (Amece) , il 10 dicembre 2008, in occasione del 60° Anniversario della Dichiarazione Universale dei diritti umani, si punterà a far dichiarare da una conferenza governativa internazionale, l’accesso all’acqua come diritto umano. Infine nel marzo 2009, data prevista per la realizzazione del V° Forum Mondiale dell’Acqua, si punterà a togliere al Consiglio mondiale dell’acqua, organizzazione privata sotto il controllo delle grandi multinazionale dell’acqua, in particolare francesi, la responsabilità del Forum e la sua legittimità di agire come promotore del dibattito.
Ma i seminari sono stati anche la tribuna per il lancio di due denunce: la prima da parte di Alex Zanotelli rispetto allo scandalo dell’enorme vendita commerciale autorizzata al Forum dell’acqua in bottiglia a prezzi inaccessibili per la stragrande maggioranza dei kenyani, 40 Scellini (0,5 euro) la bottiglia di 50 cl. La seconda da parte di Riccardo Petrella che ha denunciata la presenza inaccettabile, all’interno del Forum Sociale di Nairobi, di uno stand ufficiale della Banca Mondiale.
23 gennaio 2007

Acqua: il ritorno dei privatizzatori

Acqua: il ritorno dei privatizzatori

(3 ottobre 2006)

Il ritiro della delibera che apriva le porte alla gara d’appalto per la cessione ai privati della gestione del servizio idrico integrato nelle province di Napoli e Caserta ha rappresentato una battuta d’arresto del processo di privatizzazione – risultato senz’altro importante strappato dai movimenti che per due anni si sono opposti a quest’ennesimo esproprio padronale.
Da allora, ovviamente, i privatizzatori non si sono arresi.
Ad oggi rimangono in piedi due strade: rispetto alla via maestra della cessione ai privati, a lungo perseguita da Bassolino e trasversalmente dalle forze tanto di centrodestra che di centrosinistra, si fa strada ora l’ipotesi della costituzione di una società per azioni inizialmente a capitale totalmente pubblico: una politica dei due tempi, che intende imporre sin d’ora al settore la logica aziendalistica, con la copertura del pubblico e di una nuova concertazione, per poi aprire ai privati successivamente, quando, tra l’altro, il settore, adeguatamente ristrutturato, si sarà confermato appetibile e remunerativo.
La prima conseguenza sarà l’ulteriore precarizzazione dei rapporti di lavoro, con le ennesime esternalizzazioni, come ci insegnano i dieci anni di privatizzazione nel paese.
Ciò in un quadro nel quale il governo Prodi, col d.d.l. Lanzillotta impone la compiuta cessione ai privati dei servizi pubblici, secondo i principi della “libera concorrenza” e della “libertà d’impresa”, impedendo di fatto la stessa partecipazione degli enti pubblici nelle forme delle s.p.a.
E’ il punto di arrivo di un processo non a caso inaugurato dal centrosinistra alla metà degli anni Novanta, con le riforme Bassanini e il Testo Unico sugli Enti Locali, che decretavano la fine delle “municipalizzate” e inauguravano l’aziendalizzazione del settore, dando inizio alla stagione delle società miste e delle partecipate.
Oggi il cerchio si chiude, e se il d.d.l. Lanzillotta sostiene di salvaguardare la “gestione pubblica” dei servizi idrici, è solo perché prospetta un pubblico totalmente aziendalizzato, aperto, tra l’altro, alla cooptazione di quei dirigenti e “esperti” delle reti nazionali (a partire dal Contratto Mondiale per l’acqua) che hanno già dichiarato la piena subalternità al “governo amico”.
Tantoppiù è necessario oggi opporsi tanto alla logica privatistica delle società per azioni, “pubbliche” e private che siano, che alle ipotesi neocorporative che, sotto la bandiera di una supposta “partecipazione dal basso”, in realtà prospettano l’ingresso, nei vari consigli di amministrazione e quant’altro, dei rappresentanti della cosiddetta “società civile”.
Non a caso l’ideologia della società civile, nel suo preteso interclassismo, ignora la banale differenza di sfruttatori e sfruttati.
Questo significa, però porre con forza la questione di una municipalizzazione dei servizi fondata su una partecipazione vera e di massa: sul controllo da parte dei lavoratori e delle popolazioni dei territori.

Movimento
per il Partito Comunista
dei Lavoratori-Sezione provinciale
di Napoli

Nienta petrolio, niente guerra

Nienta petrolio, niente guerra

Un fatto in sé è solo un fatto. Difficile capirne le ragioni. Una somma di fatti però è interpretabile. E una somma di fatti lunga decine di anni è ancora più comprensibile. Le guerre in Medio Oriente continuano senza sosta. Il loro carburante si chiama petrolio. Un carburante non rinnovabile. Il 50% se ne è già andato. Una parte del rimanente 50% ha costi di estrazione insostenibili. Quando la domanda aumenta, India e Cina, e l’offerta diminuisce il prezzo aumenta. E quando non c’è petrolio per tutti, i più forti, i più armati lo pretendono per loro. Il petrolio si chiama Golfo Persico. La guerra mondiale per il petrolio è in atto e finirà quando il petrolio si esaurirà. Quanto ci vorrà? Venti, trent’anni?
Nel frattempo ne sarà disponibile sempre meno e la tensione internazionale crescerà. Le economie delle nazioni industrializzate sono basate sul petrolio. Chi controlla i Paesi esportatori garantisce la crescita della sua economia. Chi non li controlla imploderà. A chi toccherà? Alla Cina, all’India, all’Europa?
Al domino degli Stati Uniti nel Golfo Persico mancano la Siria e l’Iran che ha deciso di vendere il suo petrolio in euro, e i petroleuro spaventano gli americani più di Bin Laden. L’Iraq è in guerra. Il Libano è in guerra. Arabia Saudita e Kuwait sono sotto tutela americana.
Per far terminare le guerre bisogna combattere il petrolio. Le compagnie petrolifere. I loro interessi che si saldano con quelli delle industrie delle armi.
Le energie alternative sono ormai obbligatorie. Questa è la vera emergenza.

Provincia di Varese per la Campagna di Ripubblicizzazione delle Acque

Convocazione per la Costruzione della Rete Provinciale della Provincia di Varese per la Campagna di Ripubblicizzazione delle Acque




Carissimi Amici, è partita la Campagna Nazionale sulla Ripubblicizzazione delle acque.
Molte delle strutture Nazionali a cui facciamo riferimento, hanno dato la loro adesione
al Comitato Promotore

“Acqua Pubblica ci metto la firma”.
www.acquabenecomune.org

La volontà di contribuire anche con le nostre sensibilità, è uno dei motivi che ci porta a scrivervi e a convocarvi per la costruzione della rete
Provinciale a supporto della suddetta campagna.

L’incontro si svolgerà
Martedì 30 Gennaio 2007

alle ore 21.00.
presso il SALONE COOP in via MARCONI 11
a MALNATE (VA)
Sono invitate tutte le strutture territoriali aderenti alla campagna:

Sono altresì invitate tutte le realta della società civile e tutti i cittadini, associazioni, sindacati e politici sensibilial problema dell’acqua bene comune

In attesa di una Vostra gentile risposta
Distinti saluti
Varese 19 Gennaio 2007
Il Nascente Coordinamento
www.acquabenecomune.org



Liberalizzazioni servizi locali

Liberalizzazioni servizi locali:
intesa unione-Governo in Senato

Roma, 18-01-2007

Accordo raggiunto in Senato tra Unione e governo sul Ddl per la liberalizzazione dei servizi pubblici locali, dopo lo stop imposto dalla sinistra radicale in commissione Affari Costituzionali. Al termine di una riunione a palazzo Madama con i capigruppo dell'Unione, il ministro degli Affari regionali Linda Lanzillotta spiega: "Abbiamo trovato un accordo su un testo da noi proposto, pienamente coerente con l'impostazione del governo". Un accordo sui cui Lanzillotta dà "un giudizio molto positivo", e ora "d'intesa con il presidente di commissione e con il relatore delprovvedimento ripartirà l'esame in commissione, dove presenteremo degli emendamenti".
Anche la presidente dei senatori dell'Ulivo, Anna Finocchiaro, si dice "particolarmnete soddisfatta" dell'accordo. E un giudizio positivo della riunione arriva anche dal Prc e dai Verdi, che però vogliono ancora aspettare la presentazione del testo. E precisano: "Resta aperta la questione delle reti e della gestione del servizio idrico. Il programma dell'Unione - ricordano Russo Spena e Ripamonti - prevedeva espressamente che la proprietà delle reti e la gestione del servizio idrico debba restare pubblica". Su questo punto Lanzillotta ha preso l'impegno di portare la questione all'attenzione del governo: "Sarà il governo a decidere collegialmente".
Al termine della riunione in Senato, durata circa due ore, Lanzillotta spiega: "Abbiamo trovato un accordo su un testo da noi proposto, testo pienamente coerente con l'impostazione del governo e cioè distinguere le vere gestioni 'in house' escludendo che queste possano essere affidate a soggetti giuridici terzi, così come dice la giurisprudenza comunitaria. E per il resto si afferma che quando si affida a società pubbliche o private, il principio è la gara". Quanto alle possibili deroghe alla gara, prosegue Lanzillotta, "i Verdi hanno chiesto, e mi sembra opportuno, di specificare espressamente nella delega le fattispecie che giustificano la deroga, e non rinviarle ai decreti delegati". Lanzillotta assicura poi che "verranno estesi gli ammortizzatori sociali".
Discorso a parte per la questione acqua: "Rimane ferma - puntualizza il ministro - l'esclusione da questo Ddl. Il governo valuterà l'opportunità anche di intervenire perchè, in attesa che il Codice Ambientale definisca il regime di gestione dei servizi idrici, si possa evitare la precostituzione di situazioni che poi implicano l'impossibilità di una nuova disciplina". Un punto su cui Lanzillotta non ha espresso una posizione, spiegando che "si valuterà nell'ambito della collegialità del governo".
Verdi, Pdci e Rifondazione comunista, infatti, chiedono una "moratoria" dei processi di privatizzazione dei servizi idrici, già in stato avanzato in alcune regioni tra cui la Sicilia, la Lombardia, la Campania e la Toscana. "Una riunione positiva, si sono fatti dei buoni passi avanti - spiega Natale Ripamonti, vice presidente dei senatori Verdi-Pdci - ma resta aperto un problema rispetto al programma dell'Unione che prevede che la proprietà delle reti e la gestione del servizio idrico sia pubblica. Serve una modifica del Codice ambientale, ma ci sono passaggi che devono esseremeglio specificati anche nella delega".
Stesso discorso da Giovanni Russo Spena, presidente dei senatori del Prc: "La riunione è stata molto positiva, ma la partita non è ancora definitivamente chiusa. Noi chiediamo una moratoria dei processi di privatizzazione dell'acqua e proponiamo un emendamento per includere il tema già nella delega. In ogni caso, anche se il tema dovesse essere affrontato nel decreto ambientale, vi dovrà essere una moratoria per bloccare queste privatizzazioni. Non vogliamo che si arrivino a costituire interessi che poi è difficile andare a toccare". Sulle altre richieste del Prc, e cioè che i Comuni non fossero obbligati a mettere a gara i servizi, e l'estensione degli ammortizzatori sociali con il superamento del precariato, "si delineano emendamenti del governo per un accordo positivo", ma prima di dare il via libera "aspettiamo di vedere il testo".

Valerio Pieroni
Redazione Osservatorio delle ICT

COSTITUZIONE DELL’OSSERVATORIO VENEGONESE

COMUNICATO STAMPA
COSTITUZIONE
DELL’OSSERVATORIO VENEGONESE



In data 8 gennaio 2007 si è costituito a Venegono Superiore l’ ”Osservatorio Venegonese”, un comitato popolare apartitico, aperto alla partecipazione di tutti, il cui scopo è quello di dar voce alla coscienza critica sommersa fra i cittadini sulle problematiche presenti in Venegono Superiore.
Il comitato nasce sulla spinta della recente decisione da parte dell’Amministrazione comunale di affidare per 15 anni la gestione dell’acquedotto comunale e delle reti idriche alla società Agesp Spa di Busto Arsizio, come da convenzione stipulata dal comune di Venegono Superiore, iniziativa che si considera lesiva degli interessi dei cittadini.
Ad un’attenta analisi della convenzione, emergono, al di là dei problemi etici legati alla gestione del sistema acqua a una società per azioni, quindi a scopo di lucro, la non convenienza economica per il comune di Venegono, l’evidente squilibrio dei vantaggi a favore di Agesp Spa, il serio rischio per i venegonesi di vedere da un lato lievitare il costo del servizio (fino ad ora mantenuto nei limiti accettabili) e di rendere più distante e meno immediate le operazioni di manutenzione o la risoluzioni di possibili crisi idriche.
La prima esigenza del comitato è di rendere pubblici gli atti sulla questione dell’acqua che fino ad ora sono passati nel silenzio ufficiale e che proseguono in questa direzione; in particolare, richiamiamo l’attenzione dei cittadini di Venegono sul Consiglio Comunale dell’11 gennaio prossimo, in cui uno dei punti dell’ordine del giorno sarà la votazione della mozione presentata dall’opposizione sulla questione Agesp Spa per il ritiro della delibera relativa alla convenzione.
Il nostro obiettivo non si esaurisce però con la richiesta di ritiro della convenzione con Agesp Spa; l’Osservatorio si occuperà in maniera attiva della gestione futura dell’acqua da parte dell’ATO di Varese, organismo a cui anche il nostro Comune è obbligato ad aderire, in virtù della Legge Galli. Eserciterà ogni forma di pressione perché i nostri Amministratori, che avranno delega decisionale all’interno dell’ATO, si oppongano all’affidamento delle reti idriche a società private, a Spa o a organismi lontani ed estranei dai problemi del territorio.
L’acqua è e deve restare un bene pubblico e non deve costituire in nessun modo una fonte di guadagno per nessuno.
Per questo motivo riteniamo sia fondamentale un’azione d’informazione aperta a tutti e chiediamo che l’Amministrazione Comunale renda pubblico ogni atto e decisione su questa questione.
Al di là del “problema acqua”, il comitato nasce con l’intento di diventare un osservatorio popolare sulle problematiche del paese per cui la partecipazione è aperta a tutti i cittadini.