(Per avere un quadro completo della situazione alleghiamo in basso i link della risposta di Boccia al nostro precedente comunicato e la sua lettera scritta al direttore di Barilive.it)
Gentile Francesco Boccia,
la ringraziamo per la sua risposta di cui leggiamo sul suo sito e su alcune testate giornalistiche.
Anche noi vogliamo, con questa nostra, fare ulteriore chiarezza e partiamo proprio dall’acquedotto pugliese oggetto del suo intervento del 2004. L’acquedotto di cui lei lamentava la cattiva gestione (e, fra le altre cose, la poca chiarezza della qualità e dei tempi di investimento) era allora (come oggi) una società per azioni a capitale pubblico da 5 anni, da quando cioè, nel 1999, il governo D’Alema aveva trasformato l’Ente Autonomo in una società commerciale disciplinata dal diritto privato.
Anche noi ci permettiamo di portare alla sua attenzione e a quella della cittadinanza alcune riflessioni.
La forma giuridica dell’impresa non è neutra ma definisce gli obiettivi di gestione. Nel caso di una società disciplinata dal diritto privato (art. 2247 c.c.), come una Spa, anche se a capitale pubblico, l’obiettivo è il profitto che sarà tanto più alto quanto più elevati saranno i ricavi (cioè il prezzo) e minori i costi. Dovunque il servizio idrico è gestito con logiche privatistiche le tariffe aumentano poiché su queste deve essere “caricato” l’utile (oltre che i costi di gestione e gli investimenti). Del resto, se il profitto è l’obiettivo di gestione, un’eventuale diminuzione dei consumi (traducendosi in una diminuzione delle entrate) determina un incremento delle tariffe come avvenuto, ad esempio a Firenze, dove il servizio idrico è gestito da Publiaqua, una SpA a maggioranza pubblica, le cui azioni sono possedute 49 Comuni e da 3 imprese private.
Lei afferma che le tariffe dell’Acqua in Puglia sono più alte di quelle della Lombardia e del Veneto. Vero. Ma questo si spiega anche con il fatto che l’Acquedotto pugliese – attingendo la risorsa dai bacini e dalle fonti della Basilicata e della Campania ubicati a centinaia di chilometri di distanza – deve sostenere (a differenza dei casi citati e di numerosi altri) dei costi superiori per l’approvvigionamento idrico dovuti, ad esempio, all’impiego significativo di energia elettrica (i dati del 2007 parlano di 70 milioni di euro) per il trasporto dell’acqua (http://www.aqp.it/portal/page/portal/MYAQP/PAGE_MYAQP_ISTITUZIONALE/PAGE_MYAQP_INFORMAZIONISERVIZI/ISTITUZIONALE_INFOSERVIZI_PUGLIA/MYAQP_INFOSERVIZI_ATO_PREZZOACQUA ) . Del resto la determinazione delle tariffe del Servizio Idrico Integrato (come l’attività di controllo e la vigilanza sui servizi di gestione, nonché la determinazione dei livelli e degli standard di qualità e di consumo) – in base della normativa nazionale e regionale - spetta già all’ATO, ovvero ai Comuni consorziati che vi fanno parte (http://www.aatopuglia.it/index.aspx?area=17 ). D’altro canto non solo la ripubblicizzazione non esclude i Comuni, ma al contrario ne prevede un loro diretto coinvolgimento.
La posizione da lei espressa a favore di una gestione del servizio idrico attraverso una società per azioni e l’apertura ai privati (alla quale faceva riferimento nelle sue dichiarazioni rese alla stampa la settimana scorsa ma non nella sua lettera di risposta) non solo è dissimile ma è in assoluta contraddizione rispetto alla delibera regionale dello scorso 20 ottobre approvata all’unanimità (e, dunque, anche dal PD) nella quale - oltre a sancire l’acqua come diritto umano universale non assoggettabile a meccanismi di mercato e il servizio idrico come servizio di interesse generale, privo di rilevanza economica - assume l’impegno di trasformare l’acquedotto da SpA in soggetto di diritto pubblico con partecipazione sociale (www.acquabenecomune.org/s
Gentile Francesco Boccia,
la ringraziamo per la sua risposta di cui leggiamo sul suo sito e su alcune testate giornalistiche.
Anche noi vogliamo, con questa nostra, fare ulteriore chiarezza e partiamo proprio dall’acquedotto pugliese oggetto del suo intervento del 2004. L’acquedotto di cui lei lamentava la cattiva gestione (e, fra le altre cose, la poca chiarezza della qualità e dei tempi di investimento) era allora (come oggi) una società per azioni a capitale pubblico da 5 anni, da quando cioè, nel 1999, il governo D’Alema aveva trasformato l’Ente Autonomo in una società commerciale disciplinata dal diritto privato.
Anche noi ci permettiamo di portare alla sua attenzione e a quella della cittadinanza alcune riflessioni.
La forma giuridica dell’impresa non è neutra ma definisce gli obiettivi di gestione. Nel caso di una società disciplinata dal diritto privato (art. 2247 c.c.), come una Spa, anche se a capitale pubblico, l’obiettivo è il profitto che sarà tanto più alto quanto più elevati saranno i ricavi (cioè il prezzo) e minori i costi. Dovunque il servizio idrico è gestito con logiche privatistiche le tariffe aumentano poiché su queste deve essere “caricato” l’utile (oltre che i costi di gestione e gli investimenti). Del resto, se il profitto è l’obiettivo di gestione, un’eventuale diminuzione dei consumi (traducendosi in una diminuzione delle entrate) determina un incremento delle tariffe come avvenuto, ad esempio a Firenze, dove il servizio idrico è gestito da Publiaqua, una SpA a maggioranza pubblica, le cui azioni sono possedute 49 Comuni e da 3 imprese private.
Lei afferma che le tariffe dell’Acqua in Puglia sono più alte di quelle della Lombardia e del Veneto. Vero. Ma questo si spiega anche con il fatto che l’Acquedotto pugliese – attingendo la risorsa dai bacini e dalle fonti della Basilicata e della Campania ubicati a centinaia di chilometri di distanza – deve sostenere (a differenza dei casi citati e di numerosi altri) dei costi superiori per l’approvvigionamento idrico dovuti, ad esempio, all’impiego significativo di energia elettrica (i dati del 2007 parlano di 70 milioni di euro) per il trasporto dell’acqua (http://www.aqp.it/portal/p
La posizione da lei espressa a favore di una gestione del servizio idrico attraverso una società per azioni e l’apertura ai privati (alla quale faceva riferimento nelle sue dichiarazioni rese alla stampa la settimana scorsa ma non nella sua lettera di risposta) non solo è dissimile ma è in assoluta contraddizione rispetto alla delibera regionale dello scorso 20 ottobre approvata all’unanimità (e, dunque, anche dal PD) nella quale - oltre a sancire l’acqua come diritto umano universale non assoggettabile a meccanismi di mercato e il servizio idrico come servizio di interesse generale, privo di rilevanza economica - assume l’impegno di trasformare l’acquedotto da SpA in soggetto di diritto pubblico con partecipazione sociale (www.acquabenecomune.org/s
Il processo in corso, del resto, è in linea con quanto accade a livello mondiale ed europeo, dove sono numerosi i Paesi che hanno stabilito per legge la gestione pubblica dell’acqua e diffusi i casi di ripubblicizzazione a partire dalla Francia e da Parigi - sede delle prime due multinazionali mondiali del settore (Veolia e Suez) - che, dopo 25 anni di gestione privata, ha deciso di ripubblicizzare, incoraggiando le municipalità della regione a fare lo stesso.
Lei ci chiede se “Siamo sicuri che il tema della gestione dell'Acquedotto Pugliese debba leggersi per tramite della dicotomia: acqua bene pubblico Vs acqua bene privato”. La risposta è si.
L’acqua è sicuramente un “bene indispensabile e il relativo servizio è di pubblica utilità” ma, ancor prima, l’acqua è un bene vitale il cui accesso costituisce un diritto umano inalienabile, e tutti hanno il diritto e la responsabilità di essere informati e di decidere su come deve essere gestita e per quali obiettivi. Ci dispiace che a lei appaia surreale tale dibattito, ma a noi sembra assolutamente reale e ragionevole e riteniamo importantissimo che esso sia al centro della campagna elettorale e - visto gli ulteriori riscontri che abbiamo ricevuto a seguito alla nostra lettera (Centro Missionario Diocesano di Lecce, Medicina Democratica, Cittadinanzattiva, Associazione Libera di Taranto, Redazione del Barometro, per citare solo alcune realtà oltre ai singoli cittadini) - abbiamo ragione di credere che l’acqua e la gestione pubblica sia argomento centrale e importante per tutti cittadini. Come dice Vandana Shiva (2003), “la democrazia non è semplicemente un rituale elettorale ma il potere delle persone di forgiare il proprio destino, determinare in che modo le loro risorse naturali debbono essere possedute e utilizzate, come la loro sete vada placata, come il loro cibo vada prodotto e distribuito, quali sistemi sanitari e di istruzione debbono avere ”.
Invitiamo tutti coloro i quali vogliono esprimere la loro adesione al processo di ripubblicizzazione in corso a inviarci un messaggio all’email del Comitato (segreteriacomitatopuglies
Perché si scrive acqua, ma si legge democrazia.
13 gennaio 2010
Comitato pugliese “Acqua Bene Comune”
la precedente risposta di boccia
http://www.pdbari.it/index
e anche la sua lettera scritta al direttore di Barilive.it
http://www.barilive.it/new