COSA È PUBBLICO E COSA È PRIVATO? - di Andrea Mangiola


COSA È PUBBLICO E COSA È PRIVATO?
di Andrea Mangiola

21 febbraio 2010

Sin dai primi anni dell'esistenza del nostro pianeta, l'acqua è stata la prima necessità di qualsiasi animale e vegetale ma esistito. Col tempo, si cominciò a studiarne le proprietà e i vari usi, passando dall'invenzione delle terme a quella delle docce, dalle bevande con base acquosa alle acque di vari tipi e gusti. Ed è proprio qui che questa introduzione si ferma: vogliamo oggi analizzare i pro e i contro dell'uso privato dell'acqua, sia essa naturale oligominerale, sia essa effervescente naturale, o alla pesca o al limone.

Molti non trovano giusto questo fenomeno di privatizzazione, rivendicando appunto la pubblica appartenenza del bene. Effettivamente, se si vanno ad analizzare i secoli precedenti, si è dovuto solamente creare reti idriche efficienti per portare acqua, e quindi i cittadini non hanno mai dovuto comperarla in alcun modo. Per giunta possiamo affermare che non ci sono mai state battaglie per procurarsene, cosa che invece potrebbe in futuro succedere (poiché il bene è di limitata disponibilità).

Ma qual'è il vero problema primario? Quali sono le fondamenta marce di questa discussione senza fine? La risposta è molto semplice. Da decenni, in modo particolare negli ultimi anni, lo Stato, le Regioni e i Comuni non hanno mai messo mano alla struttura idrica nazionale che è vecchia, obsoleta, in alcuni casi fatiscente. Mediamente si perde il 45% dell’acqua potabile incanalata nelle vecchie strutture e, in alcuni casi si arriva al 60%. Basterebbero investimenti sicuri e ben gestiti su impianti idrici nella Nazione per portare l'acqua a tutte le case come giusto che sia a prescindere dalla privatizzazione o no, e a prescindere dalle ideologie politiche di chi è momentaneamente al Governo, per evitare malsane situazioni che si verificano quasi quotidianamente in tutta Italia.

A Venezia, qualche anno fa, degli studenti analizzarono l'acqua delle fontanelle pubbliche e scoprirono che era addirittura maggiormente benefica rispetto a molte acquistabili sul mercato, e cominciarono ad produrre bottigliette di plastica da distribuire gratis a tutti coloro che ne volessero, invitando al riutilizzo della plastica stessa e alla presa in considerazione delle acque pubbliche, che in molti casi sono più convenienti e sane di quella privatizzata.

Che poi l'acqua sia da privatizzare o no, questo è ancora tutto da decidere: il 9 settembre 2009, il Consiglio dei ministri ha approvato un decreto-legge (l’accordo Fitto-Calderoli), il cui articolo 15, modificando l’articolo 23 bis, muove passi ancora più decisivi verso la privatizzazione dei servizi idrici.

Come vedete, gli avvoltoi, indipendentemente dal colore partitico, rimangono sempre e solo degli avvoltoi, stipendiati, in questo caso, direttamente dalla lobbies delle bollicine.

Il mercato dell’acqua in Italia è un mercato molto interessante, per via degli 11 miliardi di litri di acqua minerale bevuti ogni anno. Stiamo parlando di circa 5 miliardi di euro di fatturato per i soliti noti.

Il rapporto dei prezzi tra acqua minerale in bottiglia e quella del rubinetto ha poi dell’incredibile: un litro di acqua minerale costa mediamente 0,35 - 0,40 euro, contro 0,001 euro dell'acqua pubblica.

177 imprese e 287 marchi, 11 miliardi di litri all'anno bevuti da 38 milioni di italiani, quasi 5 miliardi di Euro di fatturato e il primato mondiale di produzione sono davvero numeri spaventosi. Un vero affare, sostengono i molti che scenderanno in piazza a Roma il 20 Marzo per sfilare contro questa industria, per un prodotto che scende spontaneamente dal cielo, passa sulla terra e deve essere semplicemente imbottigliato e... pubblicizzato.

Tra le acque minerali commercializzate, le differenze di prezzo hanno dello sbalorditivo: tra la S. Pellegrino e la Monteverde, la differenza di prezzo è di +455%, determinata esclusivamente dal costo della promozione pubblicitaria. Per convincere i consumatori a comprare l’acqua in bottiglia, a scapito di quella quasi gratis del rubinetto, nel 2005 gli imbottigliatori hanno acquistato spazi pubblicitari per oltre 400 milioni di Euro.

Si potrebbe pensare, a questo punto, che l’unico motivo per bere acqua in bottiglia possa essere la garanzia di qualità, ma anche in questo caso la verità è stupefacente: le reti idriche degli acquedotti italiani sono soggette a una quantità incredibile di controlli (a Milano si eseguono circa 70 analisi al giorno) mentre i produttori di acque minerali hanno obblighi irrisori, si parla di controlli obbligatori solo ogni 5 anni, e affidati a laboratori privati, facilmente “addomesticabili”. A questo punto le somme le lasciamo tirare a chi di dovere, e vi invitiamo tutti a seguire le vicende che si stanno svolgendo, proprio in questi giorni, attorno alla questione della privatizzazione.

FONTI:
http://www.disinformazione.it/
http://www.trekking.it/
http://www.acquabenecomune.org/
http://www.leftcom.org/it/

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