Acqua, il governo la privatizza a colpi di fiducia - di Frida Roy

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Acqua, il governo la privatizza
a colpi di fiducia

di Frida Roy

17 novembre 2009

Il governo ha posto la fiducia sul decreto Salva-infrazioni che contiene anche la riforma dei servizi pubblici locali, compresa l'acqua. A prendere la parola il ministro per i Rapporti con il Parlamento, Elio Vito, il quale ha aggiunto che la fiducia sarà votata su un "maxiemendamento" con un testo "identico" a quello approvato dalla commissione che "è identico a quello arrivato dal Senato". Protestano le opposizioni parlamentari. 'Mugugni" anche dalla Lega. Prende corpo l'ipotesi di un referendum.

Fallisce il tentativo delle opposizioni in parlamento di fermare la privatizzazione dell'acqua.
Il decreto legge 'salva-infrazioni' del ministro Andrea Ronchi per l'attuazione di obblighi comunitari e per l'esecuzione di sentenze della Corte di giustizia europea viene 'blindato' dal governo con l'apposizione della fiducia nell'aula della Camera.
Il testo resta quindi quello uscito dal Senato, dove è stata introdotta anche la liberalizzazione dei servizi pubblici locali, tra cui la gestione dell'acqua. E' su questo punto che si sono incentrati la maggior parte dei 177 emendamenti di Pd, Idv e Udc, che però, vista la questione di fiducia, decadono automaticamente.

Le opposizioni avevano tentato di 'stoppare' il provvedimento anche con due questioni pregiudiziali (appoggiate dall'Idv) che sono state respinte dalla maggioranza. Le pregiudiziali chiedevano di non procedere all'esame del decreto vista "l'eterogeneità" delle norme, che "non sarebbero connesse alle finalità originarie del decreto" licenziato da Palazzo Chigi per evitare 'multe' salate in sede europea. E anche perché, per alcune misure, "non ci sarebbero i requisiti di necessità e urgenza".
Nel corso dell'iter a Palazzo Madama sono state aggiunti 13 articoli ai 21 originari. Visto l'ampliarsi del testo il decreto è stato quindi bollato come l'ennesimo caso di "provvedimento omnibus".

Tra le norme che più preoccupano e indignano c'è la liberalizzazione dei servizi pubblici locali (prevista dall'articolo 15), che comprende la gestione dell'acqua. Anche se nel testo si precisa che la proprietà pubblica del bene acqua dovrà essere garantita. Una modifica sostenuta dalla lega che pure ancora oggi la giudica "insufficiente". Tanto che il vicepresidente dei deputati del Carroccio, Marco Reguzzoni, spiega che pur -non essendo in dubbio il voto sulla fiducia posta dal Governo al decreto legge salva-infrazioni- "il Carroccio non nasconde la sua insoddisfazione per le norme sull'acqua previste dal provvedimento", preannuncia "la presentazione di un ordine del giorno al decreto", e non esclude la presentazione "di modifiche già in Finanziaria".

L'articolo 15 prevede che la gestione dei servizi pubblici locali sarà conferita "in via ordinaria" attraverso gare pubbliche e la gestione in house sarà consentita soltanto in deroga e "per situazioni eccezionali". Questa formulazione, è la denuncia delle opposizioni parlamentari e del mondo dell'associazionismo, apre la strada alle privatizzazioni.
Non rientrano nella riforma la disciplina della distribuzione del gas naturale e dell'energia elettrica, il trasporto ferroviario regionale e le farmacie comunali.

"Pochi grandi gruppi faranno affari d'oro a discapito dei cittadini che subiranno l'aumento delle tariffe dell'acqua", la vicepresidente del Partito democratico, Marina Sereni, interviene così nell'aula di Montecitorio. "Sconcerto, rammarico e arrabbiatura - dice Sereni - perché il ministro Vito, riproponendo come una pratica burocratica l'ennesimo voto di fiducia, mostra disprezzo e scarsa stima verso il Parlamento e i deputati, anche quelli della maggioranza. Non avete avuto il coraggio di discutere e di stralciare l'articolo 15 - continua la vicepresidente Pd rivolgendosi al governo - perché non vi fidate neanche dei vostri parlamentari. Avete passato il segno, ma non sento levarsi nessuna voce libera da parte del centrodestra". "Vi state abituando ad una pratica che è anche contro di voi - ha detto Sereni rivolgendosi ai parlamentari del Pdl -, contro la vostra libertà di giudizio, contro la vostra dignità di parlamentari della maggioranza. Questo provvedimento sarebbe stato approvato in pochissimo tempo, con un voto unanime di questo Parlamento, se voi aveste accettato di stralciare l'articolo 15, un articolo importante che riguarda i servizi pubblici locali, che voi non avete il coraggio di discutere, non volete discutere. Voglio capire come farete ad andare a spiegarlo ai sindaci, ai vostri comuni".

Verdi e IdV annunciano di essere pronti ad un referendum. "L'Italia dei Valori continuerà ad essere impegnata su questo fronte, promovendo un referendum, da abbinare eventualmente a quello contro il nucleare e, in caso, anche a quello contro la prescrizione breve", spiega il portavoce Leoluca Orlando.
"Con la privatizzazione progressiva dell'acqua, e il rischio che essa diventi proprietà di strutture e società private - ha detto Orlando in una conferenza stampa - i nostri territorio saranno spogliati della democrazia. Pensate a cosa accadrà dove c'è mafia, camorra, e n'drangheta, visto che la criminalità è nata proprio controllando l'acqua sul territorio. Solo che ora non avremo tanti piccoli don che magari controllano i pozzi in un latifondo, ma multinazionali con il monopolio della distribuzione dell'acqua nei centri urbani. Si tratta di una drammatica mortificazione della democrazia". Ha parlato di "offesa alla democrazia" il capogruppo dell'Italia dei valori alla Camera Massimo Donadi che in Aula ha dichiarato: "Per la diciottesima volta in questa legislatura umiliate il Parlamento, offendete la democrazia, ormai senza più alcun ritegno. Ormai è diventata davvero una formalità burocratica: il ministro Vito viene qui, con aria distratta ci dice che ancora una volta in questo Parlamento non si discute dei problemi del Paese e una maggioranza appecoronata si guarda tutta contenta, perché per una giornata non lavora. Questo è il livello a cui abbiamo ridotto i lavori parlamentari" ha detto Donadi che ha denunciato il rischio di "dare a poche lobby multinazionali" un bene "che dovrebbe essere un diritto sacrosanto di ogni essere umano".
"Dobbiamo dire ai cittadini italiani - ha spiegato Donadi - che allo Stato, ai comuni, agli enti pubblici resteranno soltanto i costi di manutenzione di una rete idrica che già oggi fa acqua da tutti i lati nel vero senso della parola e lasceremo il rubinetto - ma non quello dell'acqua, quello dei soldi - a poche aziende multinazionali, che sulla pelle degli italiani lucreranno".

Critiche anche da parte del deputato Udc Giuseppe Vietti che parla di "prevaricazione nei confronti della Camera" e si domanda "se è normale, in un assetto bicamerale come è quello del nostro Parlamento, che un decreto-legge venga trattenuto da una delle Camere per 45 giorni, che quella Camera intervenga pesantemente sul merito del provvedimento accrescendone vieppiù l'eterogeneità, introducendo addirittura ex novo intere materie, e poi questa Camera che si trova messa di fronte all'alternativa o la fiducia o niente".

Trattare il tema dell'acqua così come si sta facendo in questi giorni in Parlamento è "irresponsabile". Lo affermano Federconsumatori e Adusbef, secondo cui "non vi è solo una questione di metodo, per cui si intende liquidare alla svelta la questione, anche attraverso ipotetici voti di fiducia, ma vi sono anche questioni di merito assai rilevanti". Prima fra tutte la decisione di privatizzare "in termini definitivi e tassativi la gestione del servizio idrico, passando cioè da un monopolio naturale a un monopolio privato, senza poter contare, in questo modo, sulla concorrenza di mercato e, secondo l'esperienza che nel Paese già si è fatta, determinando maggiori tariffe per questo servizio. La seconda questione - osservano le due associazioni - è che tale legge espropria i poteri degli enti locali, e, teoricamente, delle cittadinanze locali in merito al servizio idrico". "Noi siamo pre-giudizialmente contrari ad affidare una risorsa fondamentale come l'acqua, considerato un bene dell'umanità, in mano a privati - dichiarano Rosario Trefiletti ed Elio Lannutti, presidenti di Federconsumatori e Adusbef - Per tale motivo ci siamo opposti e ci opporremo in maniera molto determinata a tale operazione. Qualora non ci siano sussulti di ‘dignità parlamentare' che determinino uno scorporo delle normative sulla questione del servizio idrico, metteremo in campo tutte le iniziative in nostro potere perché tale misura non diventi operativa, a partire dalla raccolta di firme per un Referendum abrogativo".
Cancellata tale norma, "si apra finalmente nel nostro Paese una riflessione istituzionale sul sistema idrico, sulla razionalizzazione e sulla gestione funzionale dello stesso, basandosi sui criteri fondamentali di efficienza ed efficacia, che devono trovare spazio nella gestione pubblica. Inoltre, a differenza di altri settori dei servizi pubblici, la copertura economica del servizio idrico - osservano - si dovrà realizzare sia attraverso le tariffe da parte delle famiglie, e sia da parte della fiscalità generale, con norme chiare e trasparenti".

Acqua privatizzata, via alla fiducia L'opposizione: "Saliranno i prezzi"

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Il governo blinda il decreto Ronchi. Ronchi: "Vogliamo velocizzare" Stabilita la liberalizzazione dei servizi pubblici locali, il pubblico sotto il 30%
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La Lega in difficoltà: "Votiamo ma non ci piace"

17 novembre 2009

ROMA - Via libera alla privatizzazione dell'acqua. Il governo, per la 28esima volta, pone la fiducia sul decreto salva-infrazioni che contiene anche la riforma dei servizi pubblici locali, compresa l'acqua. E scatena l'ennesima bagarre con l'opposizione. A cui le motivazioni del ministro per i rapporti con il Parlamento Elio Vito ("scelta per velocizzare i tempi") non bastano. Anche perché di tempo per l'esame della Camera ce n'era: il decreto, che l'esecutivo considera blindato, scade fra una settimana.

Tema del contendere è il cosidetto 'decreto Ronchi' che stabilisce la liberalizzazione dei servizi pubblici locali, prevedendo tra le altre cose che la quota di capitale in mano pubblica scenda sotto il 30%, lasciando spazio ai privati. Il provvedimento rende di fatto obbligatorie le gare per l'affidamento dei servizi da parte degli enti locali e vieta, quindi, salvo per casi eccezionali, l'assegnazione diretta a società prevalentemente pubbliche e controllate in maniera stringente dall'ente locale affidatario. A partire dal 31 dicembre 2010 quindi, le concessioni frutto di una assegnazione diretta cessano.

La liberalizzazione, inoltre, riguarda tutti i servizi pubblici locali, escluso il gas, il trasporto ferroviario regionale e la gestione delle farmacie comunali. Prevedendo tempi 'piu' dilatati per quanto riguarda i rifiuti.

Durissima la reazione dell'opposizione. Angelo Bonelli dei Verdi lancia l'idea di un "referendum" per dire no all'acqua in mano ai privati. "Pochi grandi gruppi faranno affari d'oro a discapito dei cittadini che subiranno l'aumento delle tariffe dell'acqua" spiega Marina Sereni del Pd. Per Massimo Donadi dell'Idv quella attuale è una maggioranza "appecoronata felice di non lavorare per un giorno". Mentre Michele Vietti (Udc) ricorda come il testo sia stato per troppo all'esame del Senato. Una circostanza condivisa anche da Simone Baldelli del Pdl, secondo cui "servono regole certe sui tempi certi per l'esame dei provvedimenti". Ma anche la lega non nasconde le perplessità. "Voteremo la fiducia - dice il vicepresidente dei
deputati del Carroccio, Marco Reguzzoni - ma avremmo voluto migliorare il testo per farlo corrispondere con la sua posizione storica a favore dell'acqua pubblica". Ora il Carroccio preannuncia la presentazione di un ordine del giorno al decreto, e non esclude la presentazione di modifiche già in finanziaria.

Il voto di fiducia ci sarà domani alle ore 15, mentre quello finale è previsto per le ore 13 di giovedì, dopo le dichiarazioni di voto in diretta tv.

Guerra dell'acqua in Parlamento "Deve restare un bene comune" - di PAOLO RUMIZ

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Compromesso al Senato: gestione privata, proprietà pubblica La rete idrica è allo sfascio, e ora si rischia di penalizzare i comuni virtuosi
Guerra dell'acqua in Parlamento "Deve restare un bene comune"
di PAOLO RUMIZ

5 novembre 2009

Con le reti idriche allo sfascio, l'Italia accelera la privatizzazione dell'acqua. Il Parlamento sta discutendo la legge che obbliga a mettere in gara i servizi e ridurre a quote minoritarie la mano pubblica nella gestione, ma nessuno sa dove trovare le risorse per ricuperare questo pazzesco "gap" infrastrutturale.

I lavori necessari ammontano a 62 miliardi di euro: una cifra enorme, come dieci ponti sullo Stretto. Questo mentre 8 milioni di cittadini non hanno accesso all'acqua potabile, 18 milioni bevono acqua non depurata e le perdite del sistema sono salite al 37%, con punte apocalittiche al Sud. Sono più di vent'anni che si investe al lumicino, non si costruiscono acquedotti e la manutenzione di quelli esistenti è quasi scomparsa dai bilanci. Un quadro da Terzo Mondo. Il rischio è di lasciare in eredità ai nostri figli un patrimonio di acqua inquinata da industrie, residui fognari, chimica, arsenico o metalli pesanti.

Di fronte a questo allarme concreto sembra sollevarsi nient'altro che il solito polverone. Uno scontro di "teologie": con una maggioranza che crede nell'efficacia salvifica della gara d'appalto e della quotazione in Borsa, e una minoranza che invoca il principio assoluto dell'acqua "bene comune". In mezzo a tutto questo, schiacciata fra le scorrerie dei partiti e gli appetiti finanziari dei privati, una miriade di Comuni virtuosi che finora hanno gestito i servizi a basso costo e in modo eccellente, e non intendono alienare "l'acqua del sindaco", intesa come ultima trincea del governo pubblico del territorio.

Nell'agosto 2007 Tremonti aveva già sparato un decreto per la privatizzazione, ma si era rivelato cos carente che non era stato possibile emanare i regolamenti. Oggi si tenta il bis, con una spinta in più verso i privati. Stavolta è d'accordo anche la Lega: la quota della mano pubblica dovrà scendere al 30%. Insomma, che i Comuni in bolletta vendano tutto quello che possono. Facciano cassa, subito. E non fa niente se qualcuno grida al furto e il Contratto mondiale per l'acqua - ultima trincea del pubblico servizio - minaccia fuoco e fiamme.

"In nessun'altra parte d'Europa - attacca il presidente Emilio Molinari - si vieta alla mano pubblica di conservare la maggioranza azionaria. Il rischio è che tutto finisca in mano delle grandi Spa e alle multinazionali. E se il servizio non funziona, invece che al tuo sindaco dovrai rivolgerti a un call center".
Contro il provvedimento s'è scatenata una guerra di resistenza. In Puglia il presidente della regione Niki Vendola s'è messo in collisione con gli alleati del Pd, ed ha non ha solo annunciato di voler far ricorso contro la privatizzazione, ma ha deciso di ripubblicizzare l'acquedotto pugliese, il più grande e malfamato d'Europa (si dice che abbia dato più da... mangiare che da bere ai pugliesi). Al grido di "l'acqua è una cosa pubblica" ora si tenta la storica marcia indietro, anche se non si ha la più pallida idea di chi (la Regione?) pagherà i debiti del carrozzone.

Intanto si moltiplicano le assemblee: Verona, Bari, Udine, Savona, Potenza, Rieti. Da Milano arrivano segnali di preoccupazione, a difesa di un'azienda comunale totalmente pubblica che finora ha mantenuto tariffe tra le più basse d'Italia. Il malumore cresce nei Comuni di montagna. In Carnia anche quelli della Lega sono ai ferri corti con la giunta regionale di centrodestra. Già hanno dovuto affidare i loro servizi a una Spa-carrozzone che fa acqua da tutte le parti e alza le tariffe senza fare investimenti; ora non vogliono che questo preluda al passaggio a un'azienda con sede a Milano, Roma o magari all'estero.

A Mezzana Montaldo (Biella) dove si gestiscono la loro rete in modo ineccepibile da oltre un secolo, non ci pensano nemmeno a mollare l'acqua ad altri. "La fine del federalismo e dei valori del territorio persino nelle regioni a statuto speciale" osserva Marco Job del C. m. a di Udine. "Facevamo tutto da soli - ghigna il carnico Franceschino Barazzutti - dalle mie parti il sindaco guidava il trattore, e se necessario aggiustava lui stesso la conduttura tra il paese e la sorgente. Oggi devi chiamare i tecnici a Udine, con tempi maggiori e costi più alti. E se devi segnalare un disservizio, devi andare a Tolmezzo o Udine, mentre prima era tutto sotto casa. E' tutto chiaro: hanno fatto una Spa pubblica solo per poi passare la mano ai privati".

Privatizzare è l'ultima speranza di adeguarci all'Europa, puntualizza il governo. Ma qui viene il bello. proprio l'enormità dei costi di questo adeguamento a falsare la gara. "Senza certezza sul futuro del servizio e con simili costi fissi nessuna banca al mondo finanzierà le piccole imprese, e cos finiranno per vincere le grandi aziende quotate, capaci di autofinanziarsi e di imporsi semplicemente con la forza del nome", spiega Antonio Massarutto dell'università di Udine. Altra cosa che pu falsare i giochi è la mancanza di garanzie sul rispetto delle regole. "Siamo in Italia" brontola Roberto Passino, presidente del Coviri, Comitato vigilanza risorse idriche: "Prima si lamentavano perché non funzionavamo, e ora che abbiamo rimesso le cose a posto, tutti si lamentano perché funzioniamo". Un problema di comportamento, insomma. Di cultura e responsabilità.

Pubblico o privato? "Non importa che i gatti siano bianchi o neri - scherza Passino citando Marx - l'importante è che mangino i topi". Quello che conta è il controllo. In Inghilterra l'azienda pubblica è stata privatizzata al cento per cento, ma la Spa che ha vinto la gara ora ha sul collo il fiato di un'authority ventiquattrore su ventiquattro. Le modifiche del contratto sono impossibili. Ogni cinque anni le tariffe vanno discusse daccapo. Massarutto: "L'anomalia italiana è che ci si illude che la gara basti a lavare più bianco. Non è vero niente. Serve uno strumento di controllo e garanzia che impedisca furbate o fughe speculative". Figurarsi se poi l'azienda firma un contratto che include non solo la gestione, ma anche gli investimenti immensi che il settore richiede.

Altra anomalia: abbiamo le tariffe più basse d'Europa. Questo perché - a differenza di Francia o Germania - finora nessuno ha osato scaricare sulle tariffe il costo di questo immenso arretrato di lavori. Viviamo in uno strano Paese, dove si protesta per le bollette dell'acqua, ma non si osa dir nulla su quelle del gas e dell'elettricità, che invece sono - udite - le più alte del Continente. Dire che gli acquedotti si debbano pagare con le tasse è quantomeno spericolato, osserva Giuseppe Altamore autore di grandi libri sulla questione idrica in Italia: "Non vedo cosa ci sia di giusto nel fatto che io debba pagare il servizio idrico anche per gli evasori fiscali". Nell'incertezza sul futuro, il ritardo aumenta, e sulle nostre spalle cresce la previsione di una batosta stimata per ora sui 115 euro pro-capite l'anno.